FRANCESCO DI GREGORIO E “JU COLLE” CHE NON C’E’ PIU’. DOPO IL SISMA LE CASE NON RIPARATE O NON MESSE IN SICUREZZA PERDONO I PEZZI: 13 GENNAIO UN CROLLO

by Amministratore
Corso Visconti e la casa crollata il 13 gennaio 2012

Quanno reveto tutte sse casette,
le fenestrelle tutte quande nfiore
stu core no’ rresiste e sse commove,
Colle me.
E ppenzo che st’Abbruzzo celestiale,
sta terra accarezzata da gliu sole,
no’ ntene ‘nu paese a quistu uguale,
Colle me.
Nnascosto a ogni piazza a ogni vvia
‘nu sogno andicu te sse refà novo,
n’amore, ‘na speranza o che bbuscìa
sa pecché?
Pecché te ‘oglio bbene, e ngi starrìa
tutta la vita ‘ntera, tutta quanda
e nnend’atru stu còre no’ bburria
Colle me!
La cchescia, la fondana, la scaiuccia,
 ju corzu che in ddu parti te divite,
la pecora, la vacca, la jattuccia
revetè
ji’ ‘urrìa ‘gni momendo e gni minutu.
E quella torre che da lucusù
sembre te vete e no-nte làssa cchjù.*

Piano di ricostruzione della Frazione di Colle, in alto a sinistra, di colore giallo, la casa pericolante**.
Corso Visconti ed i pezzi di soglia e finestre in terra dopo il crollo del 13 gennaio

Questo delle foto è “Ju Colle” di oggi.
Congelato ed imprigionato dalla burocrazia non virtuosa della ricostruzione post sisma 2009 e dalle scelte degli uomini: infatti l’edificio crollato, appartenente a molteplici proprietari, era già un rudere da prima del sisma e non è stato definitivamente messo in sicurezza dopo. Ci auguriamo che il Piano di ricostruzione del Colle preveda un definitiva soluzione per questo immobile fatiscente che rappresenta da molto tempo un pericolo per l’area e che ne condiziona l’agibilità.
Colle, come tutti i paesi di montagna, ha subito le conseguenze dello spopolamento degli anni Cinquanta-Sessanta quando, la maggior parte dei suoi abitanti, ha dovuto abbandonare le proprie case e il posto dove aveva sempre vissuto. L’evoluzione dell’economia non permetteva più di riuscire a vivere con i lavori di pastorizia e di agricoltura fino ad allora utilizzati ed il progressivo abbandono della popolazione ha costretto anche i più restii ad andarsene.

Nella casa oggi crollata c’era uno dei due forni della Frazione, con lo spopolamento ne rimase solo uno verso “lucusù”. Il forno permetteva alle donne del Paese di cuocere il pane, la cottura veniva pagata con qualche lira alla Signora Dea, figlia di “Filippetto”, una vedova che viveva in condizioni disagiate. 
Storie del passato custodite nei ricordi degli anziani che si sfilacciano come la casa che sta crollando, pezzo a pezzo…….
Per le vie del Colle alla vista degli edifici rotti dal sisma (o lasciati nell’incuria), che continuano ad ammalorarsi per gli agenti atmosferici, il nostro cuore si commuove come quello di Di Gregorio, perchè amiamo questo Paese: legate a queste case c’è la ricchezza delle storie delle nostre famiglie e delle radici delle nostre vite, non possiamo seppellirla sotto le macerie di un sisma.

* Poesia “Ju Colle” tratta da: La LimbardaVersi dialettali – 1960-1966. La Bodoniana Tipografica l’Aquila 1970

** L’immagine con il piano di ricostruzione di Colle di Lucoli è tratta dal sito del Comune di Lucoli.

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