IL GIARDINO BOTANICO DELLA MEMORIA DI LUCOLI COME CUSTODE DEI “FRUTTI DIMENTICATI” E DELLA BIODIVERSITA’

by Amministratore
Specie di antichi pomari in esposizione

Nell’ultimo secolo, in Italia, alcune specie di frutta come albicocco, ciliegio, pesco, pero, mandorlo e susino hanno registrato una perdita di varietà del 75%, con punte massime per albicocco e pero, dal tasso di sopravvivenza varietale di appena il 12%. Nel solo Sud Italia, tra il 1950 e il 1983, è stato riscontrato che delle 103 varietà locali mappate durante il primo sopralluogo, solo 28 erano ancora coltivate poco più di trent’anni dopo. Perfino la vite da vino si è ”impoverita” nell’ultimo secolo: dalla ricostituzione dei vigneti dopo la diffusione della fillossera avvenuta a fine Ottocento, il numero dei vitigni, coltivati all’epoca in alcune migliaia (400 nella sola provincia di Torino), è sceso nel 2000 a circa 350, di cui 10 soltanto occupano il 45% della superficie vitata italiana.

A livello più generale, uno studio della FAO stima che tra il 1900 e il 2000 sia andato perduto il 75% della diversità delle colture. Inoltre, l’organizzazione delle Nazioni Unite prevede che entro il 2055, a causa del cambiamento climatico, scompariranno tra il 16 e il 22% dei parenti selvatici per colture importanti come arachidi, patate e fagioli. Sono alcuni dati che testimoniano l’importanza di tutelare la frutta e i prodotti agricoli della nostra storia, per salvaguardare la cultura italiana e al tempo stesso venire incontro all’esigenza, sempre più sentita, di mangiare cibi sani, privi di alterazioni e veleni. E’ l’argomento del seminario ”Frutti del passato per un futuro sostenibile” (allegata pubblicazione) organizzato dall’ISPRA, che si è tenuto il 19 aprile u.s. presso il ministero delle Politiche Agricole e Forestali. 
Al centro dell’incontro, possibilità e modalità di recupero delle colture perdute in una prospettiva futura. Per frutti del passato, antichi e dimenticati, si intendono quelli che negli ultimi 50 anni hanno conosciuto un lento e silenzioso abbandono, per l’affermazione della frutticoltura moderna o industriale. Si trattava di produzioni localizzate, selezionate in numerose varietà nel corso dei secoli; dovevano resistere a stress biotici causati da funghi, batteri, nematodi e insetti vari, perché non c’erano gli anticrittogamici, e a quelli abiotici dipendenti dalla disponibilità idrica e dalla qualità dell’acqua, dalla qualità della luce, dalla temperatura. 
La sottoutilizzazione delle colture porta anche un impoverimento culturale, tanto più in Italia, paese che per i prodotti di nicchia ha un ruolo importante, con oltre 200 produzioni certificate che rappresentano più del 20% del totale europeo. Le indicazioni geografiche sono una dimostrazione del legame tra territorio, cultura e agricoltura, ma va notato che la maggior parte della biodiversità coltivata e dei saperi tradizionali ad essa associati sono custoditi in una categoria di aziende in genere condotte da persone sopra i 65 anni (basti pensare ai titolari dell’Azienda agricola di S. Elia (AQ) che curano il nostro Giardino Botanico della Memoria). 
Finora, le attività di ”recupero” delle specie hanno portato a valorizzarne diverse, in funzione di mercati particolari. 
L’ISPRA, che ha dato il patrocinio al Giardino di Lucoli, fornisce il suo contributo pubblicando una serie di quaderni dedicati a ”Frutti dimenticati e biodiversità recuperata. Il germoplasma frutticolo e viticolo delle agricolture tradizionali italiane”.


NoixLucoli Onlus ha impiantato un Giardino botanico della Memoria popolato di alberi da frutto di antiche varietà. E’ un opera adeguata, un monumento vivo e cambiante, un qualcosa di impermanente, mai uguale a ieri o a domani che somiglia perciò alla vita e che aiuta ad accettare ciò che è successo con il sisma del 2009, per quanto immensamente doloroso e terribile.

Il Giardino è un dono alla comunità attraverso le sue piante si è resa disponibile, immediatamente, come in un supermercato, una grande variabilità genetica che può contribuire a migliorare la qualità e la sanità di ciò che oggi mangiamo. Come già indicato le mele oggi in commercio sono riconducibili a tre o quattro varietà capostipiti, ciò anche per le susine, per le pere e così via: in gergo scientifico tale fenomeno viene definito erosione genetica ovvero riduzione della variabilità. E quando il corredo genetico è stretto, poco variabile, la vulnerabilità aumenta. Soprattutto davanti alle malattie. La nostra sicurezza, in tutti i sensi, dipende dalla variabilità genetica, dalla variabilità di specie e dalla variabilità di ecosistemi.

Di seguito elenchiamo le specie botaniche appartenenti alle antiche varietà presenti nel Giardino Botanico della Memoria di Lucoli.

 

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