Esemplare di lupo femmina – Foto Fabrizio Soldati |
Le numerose uccisioni di lupi che si susseguono in Italia, le ultime in Maremma, impongono una maggiore e più efficacie prevenzione e repressione di questi atti criminosi ma anche una riflessione sul fenomeno.
Questa specie, negli anni ’80 era ridotta ad un centinaio di individui con nuclei sparsi e separati gli uni dagli altri lungo la dorsale appenninica.
Anche se probabilmente il numero all’epoca poteva risultare sottostimato, certo la sproporzione con il numero di cani vaganti, randagi e inselvatichiti era ed è anche tutt’oggi enorme.
Un contributo importante per migliorare la situazione va accreditata all’operazione San Francesco, promosso negli anni ’80 dal prof. Franco Tassi, all’epoca Direttore del Parco d’Abruzzo. Questa operazione così efficace anche dal punto di vista mediatico è riuscita ad arginare il declino numerico e soprattutto a diffondere nella popolazione un’ immagine positiva di questo predatore.
Al successo dell’espansione numerica e dell’areale del Lupo hanno contribuito la forte trasformazione antropica che ha spopolato le aree più impervie degli Appennini, e la grande plasticità ecologica e trofica della specie frutto anche di migliaia di anni di convivenza a contatto con l’uomo.
Paradossalmente sono stati gli stessi cacciatori, involontariamente, con l’introduzione a fini venatori e la successiva grande diffusione, soprattutto di cinghiali, ma anche di altri ungulati, a creare risorse trofiche altrimenti non disponibili.
In questi anni abbiamo seguito con molto interesse e grande soddisfazione questo evento naturale, sottovalutando la ricomparsa di antichi conflitti con le popolazioni residenti e soprattutto con gli allevatori che inevitabilmente subivano dei danni da questa presenza. Danni che si sono andati a sommare con ben altri problemi a cui il mondo della pastorizia ha dovuto affrontare. Dunque chi meglio del Lupo poteva essere usato come capro espiatorio di una situazione già difficile?
A ciò si aggiunga il fatto che spesso i danni imputati ai lupi sono riconducibili anche a troppi cani vaganti e spesso anche agli ibridi che costituiscono una seria minaccia per le popolazioni di Lupi presenti. Cani vaganti e ibridi, entrambe facce dello stesso problema, la cui complessità è stata sottovalutata.
Allo stato attuale da dove cominciare per affrontare una situazione nuova? Non più quella di adottare strategie per salvaguardare una popolazione al limite dell’estinzione, ma al contrario di gestire una specie in espansione e che inevitabilmente incrementa il conflitto con gli operatori nel territorio.
Da questo punto di vista non si parte da zero. Numerose esperienze, anche con un certo grado di successo sono state sperimentate e altri progetti sono in fase di sperimentazione: da quelle di far uso di cani di guardiania, selezionati ed addestrati allo scopo, a quelli di aiutare economicamente gli allevatori ad allestire allevamenti con strutture di protezione efficaci. Utile potrebbe anche essere quello di rivalutare i prodotti, carni, formaggi ecc. provenienti da aree di accertata presenza di Lupo.
Se prevalesse la sola componente emotiva, così come appare, e non facessimo uno sforzo per un approccio laico e razionale, probabilmente non riusciremo a limitare le uccisioni così come purtroppo sta oggi accadendo.
La gestione del Lupo non può prescindere dal difficile quanto inevitabilmente tentativo di dialogo almeno con quella parte del mondo della pastorizia meno preclusa da pregiudizi e ostilità.
A mio parere appare inefficace come unica arma di contrasto, quella di affidare alla semplice repressione dei crimini di uccisione di lupi. Sarebbe strategicamente perdente, come in certe realtà sta accadendo, lasciare la questione in mano allo schiamazzo populista di alcuni improvvisati politicanti i quali cercano di cavalcare il malcontento in cambio di qualche meschino interesse personale.
Altrettanto controproducente sarebbe esorcizzare il problema relegandolo alla sola sfera etica.
Le normative internazionali le leggi nazionali impongono giustamente di considerare il Lupo una specie prioritaria. Affrontare il problema significa non relegarlo al rapporto lupo- pastore ma affrontarlo anche dal punto di vista economico. Dovrà essere l’intera società a farsi carico, anche economicamente, di una specie che giustamente, per il valore scientifico, ecologico e simbolico, è di grande importanza anche per l’intera collettività.
Per questo i danni da esso causati dovranno essere rapidamente accertati e risarciti, così come dovranno essere incentivate tutte quelle strategie efficaci, non cruente, per limitare i danni.
Questa specie, negli anni ’80 era ridotta ad un centinaio di individui con nuclei sparsi e separati gli uni dagli altri lungo la dorsale appenninica.
Anche se probabilmente il numero all’epoca poteva risultare sottostimato, certo la sproporzione con il numero di cani vaganti, randagi e inselvatichiti era ed è anche tutt’oggi enorme.
Un contributo importante per migliorare la situazione va accreditata all’operazione San Francesco, promosso negli anni ’80 dal prof. Franco Tassi, all’epoca Direttore del Parco d’Abruzzo. Questa operazione così efficace anche dal punto di vista mediatico è riuscita ad arginare il declino numerico e soprattutto a diffondere nella popolazione un’ immagine positiva di questo predatore.
Al successo dell’espansione numerica e dell’areale del Lupo hanno contribuito la forte trasformazione antropica che ha spopolato le aree più impervie degli Appennini, e la grande plasticità ecologica e trofica della specie frutto anche di migliaia di anni di convivenza a contatto con l’uomo.
Paradossalmente sono stati gli stessi cacciatori, involontariamente, con l’introduzione a fini venatori e la successiva grande diffusione, soprattutto di cinghiali, ma anche di altri ungulati, a creare risorse trofiche altrimenti non disponibili.
In questi anni abbiamo seguito con molto interesse e grande soddisfazione questo evento naturale, sottovalutando la ricomparsa di antichi conflitti con le popolazioni residenti e soprattutto con gli allevatori che inevitabilmente subivano dei danni da questa presenza. Danni che si sono andati a sommare con ben altri problemi a cui il mondo della pastorizia ha dovuto affrontare. Dunque chi meglio del Lupo poteva essere usato come capro espiatorio di una situazione già difficile?
A ciò si aggiunga il fatto che spesso i danni imputati ai lupi sono riconducibili anche a troppi cani vaganti e spesso anche agli ibridi che costituiscono una seria minaccia per le popolazioni di Lupi presenti. Cani vaganti e ibridi, entrambe facce dello stesso problema, la cui complessità è stata sottovalutata.
Allo stato attuale da dove cominciare per affrontare una situazione nuova? Non più quella di adottare strategie per salvaguardare una popolazione al limite dell’estinzione, ma al contrario di gestire una specie in espansione e che inevitabilmente incrementa il conflitto con gli operatori nel territorio.
Da questo punto di vista non si parte da zero. Numerose esperienze, anche con un certo grado di successo sono state sperimentate e altri progetti sono in fase di sperimentazione: da quelle di far uso di cani di guardiania, selezionati ed addestrati allo scopo, a quelli di aiutare economicamente gli allevatori ad allestire allevamenti con strutture di protezione efficaci. Utile potrebbe anche essere quello di rivalutare i prodotti, carni, formaggi ecc. provenienti da aree di accertata presenza di Lupo.
Se prevalesse la sola componente emotiva, così come appare, e non facessimo uno sforzo per un approccio laico e razionale, probabilmente non riusciremo a limitare le uccisioni così come purtroppo sta oggi accadendo.
La gestione del Lupo non può prescindere dal difficile quanto inevitabilmente tentativo di dialogo almeno con quella parte del mondo della pastorizia meno preclusa da pregiudizi e ostilità.
A mio parere appare inefficace come unica arma di contrasto, quella di affidare alla semplice repressione dei crimini di uccisione di lupi. Sarebbe strategicamente perdente, come in certe realtà sta accadendo, lasciare la questione in mano allo schiamazzo populista di alcuni improvvisati politicanti i quali cercano di cavalcare il malcontento in cambio di qualche meschino interesse personale.
Altrettanto controproducente sarebbe esorcizzare il problema relegandolo alla sola sfera etica.
Le normative internazionali le leggi nazionali impongono giustamente di considerare il Lupo una specie prioritaria. Affrontare il problema significa non relegarlo al rapporto lupo- pastore ma affrontarlo anche dal punto di vista economico. Dovrà essere l’intera società a farsi carico, anche economicamente, di una specie che giustamente, per il valore scientifico, ecologico e simbolico, è di grande importanza anche per l’intera collettività.
Per questo i danni da esso causati dovranno essere rapidamente accertati e risarciti, così come dovranno essere incentivate tutte quelle strategie efficaci, non cruente, per limitare i danni.
Mauro Furlani
Ringraziamo il Professor Mauro Furlani Presidente della Federazione Nazionale Pro Natura per averci concesso di pubblicare questo suo interessante articolo.
1 comment
Riguardo al problema lupo, resto dello stesso parere riservato all'orso e tutta la fauna selvatica. Meglio ancora, riallacciarsi al problema generale della bio diversità, habitat prioritari, SIC ecc. Troppe leggi volte alla protezione dell'ambiente, vengono periodicamente emanate in Italia. Nessuna di esse viene rispettata. Il Ministero Dell'ambiente, è uno dei più disastrati e caotici. Ben pochi, rivestono cariche, ricevute per concorso, o almeno, per merito. Ci sarebbe da fare chiarezza e ci sarebbe da liberare molti posti rivestiti da personaggi inutili ed incapaci, che non hanno nessun titolo per essere dove sono.Il lupo, come l'orso, hanno bisogno di territorio disponibile e bio diversità faunistica per sopravvivere. I politici, dovrebbero sapere che la coesistenza pacifica fra mondo rurale e lupo, o orso che sia, ma anche cinghiale, faine, martore, istrici ecc, resta in piedi fino a quando ognuno compie il proprio dovere, nei tempi e nei modi accettabili. Il nostro ministero, dovrebbe ben sapere, che esistono degli spazi a vocazione naturale ambientale. Botanici o faunistici che siano, non fa differenza. L'Italia,gli operatori turistici, gli agricoltori potrebbero trarre vantaggi a costo zero da queste risorse.Gli ambienti destinati alla bio diversità, devono essere protetti come tali, e non furbescamente, come avviene oggi. A seconda dei politici di turno, gli habitat si allargano e si restringono. si modellano a piacimento in base ai voti che portano. Troppe risorse ed energie vengono spese per studi, conferenze e pubblicazioni inutili o quasi. L'orso, come il lupo, hanno bisogno solo di mangiare e di territorio adeguato. Lo stesso territorio, è quello degli spazi naturali dove ospitare turisti, ricercatori, fotografi naturalistici , escursionisti. é lo stesso spazio necessario alla salvaguardia di prodotti naturali e sani da offrire al turismo e vendere con il logo del lupo o dell'orso. La corruzione dilagante , enti inutili, studi e ricerche inutili, sperperano milioni di euro, per fini clientelari, approfittando dello stesso logo, del lupo e dell'orso, per succhiare finanziamenti destinati a ben altri scopi, più utili e nobili. Eclatante, è il problema orso bruno. Per salvaguardare questo plantigrado, attrverso progetti life ( Life arctos) Bella parola certamente, suona bene, certo, ma si sono sperperati fino ad oggi, oltre 16 milioni di euro. Nonostante questo, l'Orso bruno marsicano, si è praticamente, estinto. Stessa sorte potrebbe colpire il lupo. Conclusione. Servono finanziamenti strettamente necessari, persone competenti, organi di controllo non corrotti che facciano rispettare le leggi già esistenti. Soprattutto, serve territorio selvaggio, libero da qualsiasi speculazione e speculatore. La demagogia, serve invece ad altri sopi.