Ci sono cose che ridanno alla parola “progetto” lo spessore che si merita.
Come il progetto del Giardino Botanico della Memoria, una iniziativa che contribuisce ad elevare e diffondere la cultura del governo del paesaggio, sottolineando il lavoro intellettuale e manuale necessario per modificare positivamente i luoghi (ricordate com’era brulla quell’area ove ora vegetano le piante?).
Qualche tempo fa, un gruppo di uomini e donne che si sono trovati dopo il sisma del 2009 hanno deciso di percorrere la strada della memoria dedicando alle vittime del terremoto un giardino popolato da piante da frutto in via di estinzione. Non solo, quindi, cercando la trama della memoria, ma soprattutto cercando di costruire nuove relazioni tra le persone (gente di Lucoli, di Roma e tanti stranieri) rinnovando il legame necessario per fare insieme, per costruire e mantenere un bene della collettività.
“Mantenere” forse è il verbo più difficile da praticare ai giorni nostri, non abbandonare, non lasciare ammalorare ciò che si è ricevuto o originato e donato, anche se tale azione nel tempo, produce sforzo e difficoltà.
Quante cose donate al paese di Lucoli dalla generosità sociale post sisma sono oggi abbandonate?
“Mantenere” forse è il verbo più difficile da praticare ai giorni nostri, non abbandonare, non lasciare ammalorare ciò che si è ricevuto o originato e donato, anche se tale azione nel tempo, produce sforzo e difficoltà.
Quante cose donate al paese di Lucoli dalla generosità sociale post sisma sono oggi abbandonate?
Il “perseverare” non è stato per noi soci un lavoro facile, ma il credere nel “bene delle cose” ci ha aiutati.
Il territorio di montagna è da sempre un luogo “geloso” dove una semplice parola può colpire emozioni mai sopite, gelosie, produrre schermature, resistenze ed infiniti sospetti.
Eppure molte persone hanno voluto partecipare a questo progetto etico che resiste e va avanti, nonostante i nostri errori di frutticoltori improvvisati: la scorsa estate abbiamo avuto la prima frutta.
Ci sono piccole cose che racchiudono un mondo: abbiamo la speranza di lavorare insieme per costruire un “monumento verde” che è un simbolo, un memento per ognuno di noi.
Non ci sono muri per chi ha davvero voglia di fare insieme e le foto che pubblichiamo ne sono la testimonianza: è maggio e le piante del Giardino sono state accudite e sono tutte in fiore, già si intravedono i frutti.
Il nostro lavoro è donato a tutti quanti lo vogliano apprezzare.
Nel Giardino ha attecchito il Morus nigra innestato dal vivaista Tullio Rosa: è il gemello (e non il figlio, ma le parole sono di Rosa e le abbiamo scritte nella targa) dell’albero monumentale che vegeta di fronte all’Abbazia di San Giovanni Battista, che ha più di cento anni, si spera che cresca forte e vigoroso come il patriarca.
Per questo e tanti altri motivi si può considerare il Giardino della Memoria come una vera e propria “banca del germoplasma” degli alberi da frutto più significativi dell’intero Abruzzo.
Per questo e tanti altri motivi si può considerare il Giardino della Memoria come una vera e propria “banca del germoplasma” degli alberi da frutto più significativi dell’intero Abruzzo.