“AMBIENTE, ETERNE INCOMPIUTE, LUCOLI
“FERMO CON LE 4 FRECCE” IL PONTE SUL NIENTE A CAMPO FELICE, PARCO SIRENTE VELINO
Lucoli (Aq). Nel 2009 furono impegnati oltre 300 mila euro, di fondi regionali, per la costruzione di un ponte oggi sospeso nel nulla, a Campo Felice, in un sito di interesse comunitario e l’investimento ricomprendeva anche un’autorimessa per automezzi operativi.
Per l’esattezza, ogni sguardo su quello scempio nel bel mezzo dell’area protetta, ogni passo virtuale sul l’arcata mai collaudata del viadotto è costato agli abruzzesi 304 mila euro. Nell’altopiano carsico tra Lucoli e Rocca di Cambio, sulla catena del Sirente-Velino, il ponte doveva essere a servizio di una delle 2 piste sciistiche di fondo che in Abruzzo sono omologate Fisi (Federazione italiana sport invernali). Il passaggio pedonale rialzato, realizzato con legno e metallo, sarebbe servito ad evitare l’attraversamento della strada sottostante. Condizionale a parte, la struttura non è mai stata terminata e collaudata, non è mai stata usata in alcuna competizione sciistica, a detta di molti poteva essere evitata e ancora il ponte sospeso sul niente non è funzionante perché non è messo in sicurezza.
É questo uno dei tanti sprechi nella lista di opere all’italiana, tra le eterne incompiute ecco una struttura inservibile, con un forte ed evidente impatto ambientale da 6 anni piazzata nel cuore dell’area protetta. Per questo, a Lucoli, un gruppo di ambientalisti scrive all’Unione Europea per chiederne la demolizione immediata: “L’Unione europea dovrebbe effettuare verifiche ed ispezioni relative ai progetti finanziati con denaro pubblico anche a tutela dei cittadini e del rispetto delle leggi di tutela dell’ambiente e del territorio” spiegano gli ecologisti.”
Quello precedente è il testo dell’articolo pubblicato dal Blog Reportage in data 26 dicembre u.s.
Quel “monumento ai caduti” dello sci di fondo…..è lì sotto gli occhi di tutti: inutile e dal brutto impatto ambientale e finalmente qualcuno se n’è accorto. Le rimesse sono parzialmente utilizzate per il rimessaggio dei mezzi battipista ma vi piove all’interno.
Nonostante il protocollo d’intesa tra Governo, Regione Abruzzo, Provincia dell’Aquila, Comune dell’Aquila ed altri Enti locali, per lo sviluppo degli impianti sciistici dell’aquilano sottoscritto a Roma il 17 febbraio del 2011, dall’anno di costruzione del ponte ad oggi, nulla si è mosso: l’opera è incompiuta, inutilizzata ed ammalorata. Quel protocollo individuava 70 milioni di euro per gli investimenti diretti al rilancio dell’area montana dell’aquilano duramente colpita dal sisma del 6 aprile 2009 e molto si è parlato in merito alla predisposizione di programmi di intervento organici per il suo rilancio, lo sviluppo e la valorizzazione del Comprensorio ambientale turistico del Velino-Sirente, compreso tra la Piana di Campo Felice, l’altopiano delle Rocche e il compendio montano della Magnolia, questi programmi dovevano trovare collocazione sulla base del Decreto Legislativo n. 267/2000 art. 34.
Molti i dibattiti, lo stesso Ministero dell’Ambiente, in una nota del 2011 in risposta alle richieste di alcune Associazioni Ambientaliste, ammoniva la Regione Abruzzo e gli Enti Parco interessati, allertando nel contempo la Commissione Europea: secondo il Ministero, nessuna nuova opera poteva essere autorizzata in deroga alle norme in vigore su Valutazione di Impatto Ambientale, VAS e Valutazione d’Incidenza, giacché i territori coinvolti erano tutti compresi nella Rete UE Natura 2000.
Tutti questi principi sono ben noti eppure il “ponte sul niente” è una realtà. Costituisce un’infrastruttura devastante perché ha modificato in via permanente il territorio nel cuore del sistema di un’area protetta dell’Appennino, ricchissima di biodiversità e risorse ecologiche e per questo ricadente in zona SIC e ZPS, ai sensi di Direttive Comunitarie, e pertanto sottoposta a rigorosa tutela da parte dell’Unione Europea.
Come ben riassume l’articolo di Reportage l’opera risulta anacronistica perché in essa non è stata contemplata alcuna novità o analisi delle reali condizioni ed esigenze del territorio.
Il cemento ed il movimento terra sono stati, e sono di fatto, agli occhi di alcuni amministratori locali ancora l’unico motore dell’agognato sviluppo turistico.
Perché non smantellare il “ponte sul niente” per iniziare ad eliminare le testimonianze di questi passati interventi devastanti, di forte impatto ambientale e paesaggistico, per dimostrare a tutti che il volano di ripresa dell’economia delle aree interne può ripartire dalla salvaguardia dell’ambiente e del paesaggio?
Chissà se il convegno del 16 dicembre scorso su “Ricostruzione aree montane” «Diversità montane-resilienza, sostenibilità e cambiamento nella ricostruzione dei territori abruzzesi» tenutosi all’Aquila abbia prodotto del valore aggiunto per il territorio di Lucoli. «Il gruppo di lavoro del Dipartimento di architettura e progetto dell’Università La Sapienza», si legge in una nota, «ha supportato i Comuni di Lucoli, Ovindoli, Rocca di Cambio e Rocca di Mezzo avviando la riflessione sulle prospettive di sviluppo già dalle primissime fasi della ricostruzione nel 2009». «La riflessione sulle diversità montane, a partire dalle specificità dell’area omogenea 9, costituita dai 4 comuni interessati» prosegue la nota, «ha guidato la definizione di progetti mirati alla sicurezza del territorio montano, alle filiere agricole legate ai boschi e ai pascoli, alla ricerca di nuove forme di residenzialità per il rilancio “insediativo” dei centri» Al convegno ha partecipato Luciano D’Alfonso presidente della Regione.