Soprannominato lo Zumpo perchè irruente e litigioso, “insofferente ai freni”, Francesco Antonio Saverio Grue, agli appassionati della ceramica piuttosto noto come “il dottore”, rappresenta il primo e forse unico caso di pittore di maioliche realmente laureatosi in Filosofia e Teologia: peraltro dopo appena un anno di corso presso un’università di notevole rilevanza storica, quale quella di Urbino. Conseguì il diploma di laurea il 5 ottobre 1706, ed oggi conservato presso il museo delle ceramiche di Castelli, proveniente dalla raccolta di Gaetano Bindi. Questo titolo di studio è l’ulteriore prova che Francesco Antonio Saverio fu personalità eclettica, incline a ricercare sempre nuove esperienze e con impennate improvvise nell’intero arco dell’esistenza. Figura centrale della maiolica italiana del Settecento, ma anche incisore di qualche rilevanza e compositore di poemetti e versi satirici dai contenuti sferzanti: nacque a Castelli il 7 marzo 1686, primogenito di Carlo Antonio Grue e Ippolita Pompei.
Il giovane Grue era stato destinato al sacerdozio, perchè “maggior lustro ne venisse alla sua famiglia”, quindi per una questione di prestigio.
Dal 22 aprile 1713 il magnifico Francesco Antonio Grue terre Castellorum visse e lavorò a Bussi, dove rivestiva la carica di governatore. La sua attività di pittore di maioliche in quel centro fu del tutto sporadica, e non certo motivata dalla volontà di procurare qualche positiva ricaduta alla locale economia, ma piuttosto dall’esigenza di ingraziarsi questo o quel protettore, che magari lo aiutava ad ottenere qualche privilegio o piuttosto a superare le conseguenze delle sue continue malefatte.
A ciò fa pensare innanzitutto il suo intervento più eclatante: l’altare in maiolica già situato nella chiesa di San Michele a Lucoli, interamente rivestito di formelle con storie e sonetti inneggianti alla Vergine e a San Francesco Saverio.
Parliamo del “Paliotto di Lucoli” oggi parzialmente conservato nei depositi del Museo Nazionale d’Abruzzo (Le Ceramiche di Castelli Museo Nazionale d’Abruzzo, catalogo a cura di C. Tropea e E. Amorosi, Paleani Roma 1986, pp 50-63). Quest’insieme comprende una mattonella interamente occupata d auna lunga dedica: Franc.s Ant. s Xav. S Gruel Phil.ae, et Sacrae Theol.ae Doctor/inventor, et Pinxis in Oppido Buxi/An° D.i 1713/Procurante pro hac Vener.li Ecc.a/Rev. Do Admodum/Domino Domno/Angelo Petricone/ Luculensis.
Priva di allusioni all’incarico governativo, forse non ancora ratificato al momento dell’esecuzione nel 1713, tale scritta può essere quindi interpretata in chiave politica, nell’accompagnare il nome del reverendo Angelo Petricone di Lucoli con tanti aggettivi e il proprio dalla precisazione della laurea in Filosofia e Sacra Teologia, nonché nella rivendicazione dei modelli originali da lui dipinti sulle diverse piastrelle.
Il Paliotto di Lucoli costituiva una sorta di viatico o, se si preferisce, di un ex-voto al suo santo patrono Francesco Saverio per grazia ricevuta, per lo scampato pericolo di andare in carcere ovvero pe rla conquista di un incarico di potere, quale appunto quello di governatore. Il Paliotto era noto agli studi sin dalla metà dell’Ottocento, già Angelo Leosini nel 1848 cita il primo altare a sinistra (A. Leosini, Monumenti storici artistici della città di Aquila e suoi contorni con le notizie di pittori, scultori, architetti ed artefici che rifiorirono, Aquila Perchiazzi, 1848, p. 262) mentre Vincenzo Balzano parla di un “quadro di mattonelle” (V. Balzano, l’Arte abruzzese, Bergamo 1910, p. 131), quando si trovava ancora nella Chiesa di San Michele. Il Paliotto attualmente si compone di trentatre elementi sciolti, al momento custoditi in casse, oltre a diversi elementi che compongono una cornice nuova tutt’ora murata in una sala del Museo Nazionale d’Abruzzo.
La sua configurazione originaria nella Chiesa di San Michele prevedeva certo molte altre tessere perdute, indispensabili per completare un mosaico che quanto resta oggi non permette di ricomporre. La vita del Santo gesuita è limitata a soli tre episodi: la predica di San Francesco Saverio in India; l’unione dell’India alla Chiesa Cattolica e la Morte del Santo sull’isola di Sancian.
Il depauperamento del gruppo ceramico, si può ipotizzare, cominciò durante il disastroso terremoto del 1915 a seguito del quale la chiesa andò distrutta.
Successivamente iniziarono le vicissitudini per i pezzi recuperati: dapprima trasferiti all’Aquila e subirono nei decenni successivi vari spostamenti: perché dalla Congregazione della Carità furono poi affidati al Museo Diocesano.
Esposti nel 1986 nel Museo delle Ceramiche di Castelli in occasione di una mostra (fu stampato un catalogo poi ritirato dal commercio), oggi, gli elementi superstiti sono conservati presso il Museo Nazionale dell’Aquila.
La nostra Associazione ha fatto riprodurre una tessera in maiolica del Paliotto e l’ha donata alla Chiesa di San Michele, ove è stata inserita nell’intonaco, volendo far simbolicamente “tornare” quest’opera d’arte al territorio anche perché non se ne perda la memoria.
frammento riprodotto per la Chiesa di San Michele di Lucoli |
Cenni storici tratti dal libro scritto dalla Soprintendente Luciana Arbace dal titolo: “Francesco Antonio Saverio Grue (1686-1746). L’attività del Dottore maiolicaro da Castelli a Napoli”. Andromeda Editrice.