Il Dipartimento per il monitoraggio e la tutela dell’ambiente e per la conservazione della biodiversità dell’ISPRA, insieme a Donne in Campo della Confederazione Italiana Agricoltori, ha condotto un indagine sulla produzione eco-compatibile di fibra da fonti naturali e/o di recupero, filati da tessitura artigianale, tintura naturale e confezioni con materiali e metodi compatibili con l’ambiente. I frutti dello studio sono contenuti nel volume di cui è indicata la copertina e visionabile in internet.
Uno degli autori è la nostra socia Beti Piotto già del Dipartimento per il monitoraggio e la tutela dell’ambiente e per la conservazione della biodiversità dell’ISPRA, Area per la conservazione e gestione di specie, habitat ed ecosistemi, l’uso sostenibile delle risorse agroforestali.
La ricerca ha fornito un panorama di attività e prodotti di eccellenza così marcatamente variato da risultare difficilmente incasellabile in settori. Sono state descritte alcune di queste realtà per lo più poco note al pubblico ma esempi viventi di sostenibilità, biodiversità ed economia circolare.
Una costatazione rilevante è che questi saperi, facenti parte della ricca diversità culturale italiana, raramente usufruiscono di una qualche agevolazione o finanziamento da parte dello Stato a supporto della loro importante attività. Da sottolineare però che molti dei giovani contattati sono riusciti a rivisitare la tradizione con creatività sorprendente.
La storia ci dice che non è un caso che la filiera relativa alla filatura e tessitura, con numerose attività interconnesse, sia spesso in mano alle donne. Questa “vicinanza” tra le donne ed il tessere è vivissima anche oggi a dirci del grande contributo del mondo femminile alla sostenibilità della filiera.
Vi raccontiamo la storia di due donne dell’Abruzzo: Assunta Perilli (nostra amica da tempo) di Campotosto e Valeria Gallese di Santo Stefano di Sessanio.
Assunta Perilli Archeologa-tessitrice custodisce una antica varietà di lino a Campotosto (AQ)
Assunta Perilli venuta più volte a Lucoli animatrice di nostre iniziative. |
A Campotosto, paese sulle sponde dell’omonimo lago artificiale in provincia dell’Aquila, Assunta Perilli, archeologa e tessitrice, ha raccolto l’eredità di nonna Laurina. Morta nel 1995 a 101 anni, nonna Laurina custodiva un tesoro: semi di lino di un’antica varietà che aveva sempre coltivato, anche nei vasi davanti la sua abitazione. Conservazione è un sostantivo al femminile e al femminile è stata per millenni l’opera di difendere e conservare le sementi, il cibo, la terra, la pace. Ora, forse con ritardo, si capisce che è dovere di tutti conservare la diversità. Conservare ciò che esiste in tutte le sue forme perché la sopravvivenza e la naturale evoluzione di tutti noi si basa proprio su questa ricchezza: la grande e misteriosa eterogeneità della vita. L’omogeneizzazione delle colture, la riduzione di cultivar a disposizione, agisce in modo esattamente opposto. Proprio per questo motivo, per l’unicità di questa coltivazione di lino, le Università di Cambridge e di Copenaghen hanno iniziato a studiarla per capire se nel corso dei decenni le sue caratteristiche specifiche sono rimaste intatte o hanno subito modifiche sostanziali. Il progetto europeo TeSet, cioè Textiles in Southern Etruria, si è proposto di ricostruire le antiche rotte commerciali per individuare i mercati del lino da Oriente ad Occidente e per capire se sia possibile una distinzione tra le produzioni di lino in aree geografiche differenti e distanti. Gli studi continuano ora, affinando gli obiettivi, nel progetto “Il lino di Campotosto”, con il supporto del Parco del Gran Sasso ed i Monti della Laga che, tra l’altro, ha investito Assunta Perilli della carica di ambasciatrice del Parco nel mondo. In questa fase si vuole sottolineare gli aspetti naturalistici ed etnografici come lo studio e l’applicazione delle piante tintorie e la ricerca degli abbigliamenti tipici del territorio. Assunta ha messo un po’ da parte i suoi studi di archeologia per dedicarsi al recupero delle antiche tradizioni di tessitura e filatura, utilizzando tecniche e strumenti antichi dalla lana, che viene tinta in modo naturale, ai filati come il lino che appunto si ricavano da questa antica cultivar. Per l’iniziativa dell’associazione culturale Filo da Torcere, nel 2002 sono partite le semine di questo lino per procedere dopo con tutta la filiera fino alla tessitura. E’ stata di nuovo praticata con metodi tradizionali la trasformazione della pianta in filo: la 54 messa in ammollo nelle acque di un torrentello che si trova nei pressi del santuario della Madonna Apparente di Campotosto, a circa 1 Km dal paese, l’essiccamento e la lavorazione. Tutto ciò tenendo conto che la zona di Campotosto, già prima della creazione del bacino artificiale, era particolarmente adatta a questa coltura. L’archeologia è comunque sempre lì, molto presente nel mondo di Assunta perché gli strumenti per ottenere determinati tessuti sono fedelmente riprodotti da quelli antichi con la collaborazione di archeologi, antropologi ed esperti del settore per la tessitura, filatura e tintura. Oltre ad aver realizzato il kilt donato al principe Carlo d’Inghilterra dal sindaco di Amatrice in seguito al terremoto che stravolse il centro Italia, Assunta, insieme a molte donne di Campotosto, ha studiato e catalogato tutti i tessuti dell’alta montagna, dalla conca amatriciana al versante teramano fino a Scanno. Luoghi dove l’utilizzo della lana è tradizione antica.
Nome dell’azienda: AquiLANA Nome e cognome del titolare: Valeria Gallese.
Valeria Gallese con la sua famiglia |
Quella di Valeria Gallese è una storia d’amore, nata dall’amore per suo marito e trasformata in amore verso un territorio, un popolo, un mestiere. Valeria, ex studentessa di veterinaria, conosce quello che sarebbe diventato il suo futuro marito durante una giornata di tosatura nell’azienda di un amico. “Ci siamo innamorati mentre raccoglievo i velli delle sue pecore” racconta Valeria. Il marito possiede un gregge di 400 capi, sono pastori da generazioni ma a prescindere dalla storia familiare, la sua è una vera passione. Valeria ha amato sin da subito il suo lavoro, seguendo il marito sulle montagne abruzzesi ma ha anche capito sin dall’inizio che il modo che avevano di utilizzare la lana non consentiva di avere un reddito aziendale sufficiente. Quello del pastore è un lavoro duro, faticoso e poco remunerativo e con la vendita della lana “sporca” (sucida) non si riesce nemmeno a recuperare i costi della tosatura. Allora si è proceduto a recuperare la lana “sucida” dalle pecore dell’allevamento del marito ed a mandarla per la trasformazione in filato ad un apposito consorzio tessile di Biella. La lana torna poi in rocche da un chilogrammo. Il suo osservare con attenzione, le ha fatto inoltre capire che bisognava investire per avere un prodotto di alta qualità. E’ stato così che ha trasformato la produzione filando i primi 200 chili di lana e tingendoli con prodotti naturali. Tramite un processo lungo e meticoloso, le lane vengono tinte a mano con fiori, cortecce e radici. Il giallo si ottiene dall’elicriso, dalla camomilla del tintore e dall’iperico. Il rosso viene dalle radici di robbia mentre il blu è tratto dal guado. Prima si fa macerare il materiale e poi con la mordenzatura si prepara la lana ad accogliere il colore, si sciacqua quindi la lana mordenzata e si mette nel decotto filtrato. La lana viene sobbollita due volte: prima in allume e poi nel decotto di tintura. Con la lana colorata si confezionano gomitoli e matasse da 100 grammi. Il vero pezzo forte è però la colorazione con il vino Montepulciano d’Abruzzo. Valeria fa sobbollire la lana nel Montepulciano rosso perché contiene antociani che mordenzano e tinteggiano la lana con un colore bellissimo che racconta la terra d’Abruzzo. Anche Oscar Farinetti di Eataly è stato attratto dalla procedura in quanto interessato a raccogliere tutti i possibili utilizzi di questo vino abruzzese. La sua capacità imprenditoriale, tutta al femminile, gli ha consentito di pubblicizzare i suoi prodotti che oggi vengono venduti in tutta Italia. Nel 2014 ha aperto la sua attività in uno dei borghi più belli d’Italia: Santo Stefano di Sessanio (AQ) perché voleva dare un’identità territoriale ai propri prodotti, un posto dove Valeria racconta la sua attività a chi la passa a trovare. Non vende semplicemente un articolo, ma con esso racconta la sua terra. La “signora della lana” come spesso viene chiamata collabora con l’Associazione Rocca San Vito di Tornimparte (AQ), partecipando al progetto interdisciplinare “Filalalana”, per portare nelle scuole la conoscenza dell’arte della lana e della tintura naturale. Gli alunni hanno imparato l’antico mestiere partendo dalla tosatura, poi la cardatura e la filatura ed infine la tintura con metodi naturali, cioè utilizzando la barbabietola per il rosso, il mirtillo per il blu ed il viola, la radice dell’iris per il grigio ed il nero. Con grande coraggio Valeria Gallese è riuscita a valorizzare la lana delle sue pecore e quella di tanti pastori, costretti spesso a regalarla perché rappresentava un problema per lo smaltimento. Nel 2014, infatti, si è costituita l’Associazione “Pecunia” per la valorizzazione della lana nell’ambito del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga. L’associazione si adopera per tutelare e promuovere la valorizzazione della filiera della lana per restituirne il giusto valore commerciale e per incentivare e rivitalizzare la microeconomia e la diversificazione del reddito del comparto agropastorale e dell’artigianato rurale legato alla filiera della lana.