E’ trascorsa da poco la festività dei morti e il Giardino della Memoria, ricordiamo, vuole rappresentare, a distanza di anni, la memoria delle 309 persone che persero la vita nel sisma del 2009.
Il Giardino è un luogo “vivo” che curiamo costantemente proprio per non allontanare dai nostri pensieri il concetto della morte.
Il nostro, inutile negarlo, è il tempo dell’oblio. Esso giustifica ogni cosa, monda tutti i peccati, assolve tutti i misfatti. Molti dimenticano che nel giorno dei morti si celebra la memoria, il ricordo, il passato. E tutto lo si fa rivivere con la delicatezza dell’affetto per chi ne ha.
I nostri soci si sono preoccupati di preparare il Giardino alla ricorrenza volendo preservare con la cura la memoria delle persone alle quali è dedicato. La Memoria è il solo tesoro, piccolo o grande, che possediamo: dovremmo farne buon uso. E’ la nostra sola ricchezza, uno scrigno di identità e di perpetuazione delle storie che hanno formato la nostra carne ed il nostro spirito.
Incontriamo sulle nostre strade segni che ci sembrano afoni perché non riusciamo ad ascoltarli. Sono patrimoni la cui eredità nessuno reclama. Stanno lì, ai margini dell’indifferenza, residui di epoche vicine e lontane che non hanno la forza di attrarre l’attenzione del passante ipnotizzato da un orizzonte indecifrabile. I “segni” rappresentati anche dai frutti antichi, eredità di vecchi contadini, che abbiamo voluto piantare nel Giardino di Lucoli a memoria di una tradizione agricola che non c’è più. Con le “pietre” del passato, ci viene detto, non si costruisce nulla. Le piante da frutto che si preferisce piantare oggi sono altre: geneticamente modificate, resistenti, più produttive e dai frutti perfetti e grandi. E scolora così, nella dimenticanza, il debito tramandatoci da chi ha attraversato il tempo prima di noi coltivando un territorio aspro, strappando i frutti ad una terra difficile.
L’oblio sta vincendo la sua partita sulla memoria e trafuga qualsiasi cosa non abbia a durare lo spazio di un banale utilizzo. Ricordare è verbo da espungere dal vocabolario della modernità. Perché insopportabilmente osceno di fronte all’infinito, nulla cui deve ridursi la vita affinché non abbia obblighi verso la morte e dunque nei confronti della posterità. L’attimo è l’interruzione continua di un sentiero. Come un verso che non si ritrova con il successivo. Per noi uccidere la memoria equivale a svaligiare il futuro. La sua essenza, infatti, non è tanto quella di rinnovare il passato celebrandolo nel presente, ma volgersi all’avvenire per fornire i frutti delle esperienze, delle storie, delle passioni alle generazioni future. È «il ventre dell’anima», diceva Sant’Agostino. Mentre San Tommaso la vedeva come «il tesoro e il posto di conservazione della specie». La memoria per come la intendiamo noi non è, dunque, come si vorrebbe oggi, il retrobottega di un trovarobe di ricordi, ma è energia dinamica, vitale che accompagna l’esistenza e ne amplia la capacità di comprensione davanti al nuovo.
Privi di memoria non dobbiamo fare i conti con noi stessi. E neppure con la morte che ci attende all’angolo. Perché riteniamo di non dover tramandare nulla. E, dunque, siamo esentati dal coltivare obblighi con il passato. Negandoci questo possiamo essere liberi dall’ossessione del futuro. Noi, prodotti della civiltà, in realtà contiamo meno di ciò che consumiamo. E il fine che del tutto inconsapevolmente perseguiamo, per quanto orrendo, al punto di non ammetterlo quando ci viene fatto osservare, è la rimozione di noi stessi. L’oblio totale, assoluto, inappellabile. La condanna della memoria, sopraffatta dalla dimenticanza, lascia sul campo macerie di ogni tipo.
Il nostro Gruppo Umano coltiva pensieri antichi e diversi e non vuole arrendersi all’attimo ed alla rimozione della nostra umanità.
Seguendo altri principi diversi da quelli omologati e contemporanei è nato il Giardino della Memoria di Lucoli perché non volevamo disperdere l’amore verso una comunità ferita da un evento epocale: amore umano verso i tanti conoscenti e amici che hanno perso la vita con il terremoto.
Affidiamo a questo post le nostre riflessioni durante la Festività dei Defunti e promettiamo che, finché potremo cureremo questo “monumento verde”, come facciamo da undici anni, lo manterremo, superando le molte difficoltà che ci si presentano, per coltivare, a nostro modo, la memoria.