Lucoli: i pioppi della Valle del Rio – Foto Rossano Soldati |
Lucoli: il pioppo tremolo – Foto Rossano Soldati |
Populus Alba |
Populus tremula |
Populus nigra |
Il Pioppo (Populus) nel linguaggio dei fiori indica il timore. Narra la leggenda che il pioppo fu scelto dai soldati per la costruzione della croce di Gesù. L’albero ne fu orgoglioso e drizzò i suoi rami. Il Signore lo maledì e condannò le sue foglie a tremare in eterno ad ogni soffio di vento. Infatti una varietà di pioppo è detto “tremolo”, Populus tremula è il nome botanico: è sufficiente un lievissimo alito di vento per provocare un tremolio di tutta la chioma da cui prende il nome la pianta.
Il termine “pioppo” deriva dal latino e, secondo una diceria romana riportata dagli antichi, sarebbe da legare a popolus “popolo” perché la sua folta chioma mossa dal vento produce un brusio che ricorda quello della folla. A tal proposito, si può citare un detto comune che fa derivare il nome di Piazza del Popolo di Roma da un antico boschetto di pioppi. Nella cultura celtica il pioppo – pianta dedicata ai morti in battaglia – rappresenta un segno zodiacale e i nati sotto questo segno avrebbero una tendenza al pessimismo, alla contemplazione e alla critica, sono inoltre amanti della natura ma non riescono a godere appieno dei piaceri della vita.
A Lucoli sono presenti dei pioppi soprattutto lungo la valle del Rio che inizia da Casamaina ed è lunga circa 10 km e taglia in due il Comune fino ai confini con L’Aquila. Nella valle ci sono ambienti assai diversi come coltivi, incolti, prati, pascoli, boschi di varie essenze sempre poco estesi, boscaglie e roveti, zone aride e zone umide o acquitrinose poco estese e più o meno temporanee. Essendo quello di Lucoli un territorio essenzialmente montano e calcareo con poche zone umide, predilette dai pioppi, ci sono poche formazioni di questi alberi. Un tempo questo albero veniva sfrondato e dato in pasto a pecore e conigli, la raccolta delle foglie doveva essere fatta nel periodo di massimo sviluppo della parte fogliare e comunque sicuramente prima del loro ingiallimento.
Sono presenti delle formazioni di pioppo tremolo sul territorio a Campofelice, fino a 1600 m. il suo habitat naturale è comunque quello del fondo valle preferibilmente arenaceo perchè più umido ed umifero.
Sono presenti delle formazioni di pioppo tremolo sul territorio a Campofelice, fino a 1600 m. il suo habitat naturale è comunque quello del fondo valle preferibilmente arenaceo perchè più umido ed umifero.
Parliamo di alberi del territorio vista la nostra vocazione ambientalista ed appartenenza al “popolo degli alberi” e vogliamo approfondire in questo testo un argomento legato al ruolo del pioppo nella pittura paesaggistica, riprendendo un interessante saggio del Dott. Giuseppe Frison (Ricercatore in pensione dell’ex Istituto di Sperimentazione per la pioppicoltura di Casale Monferrato) che ringraziamo per avercene concesso l’utilizzo.
Il Dott. Frison ha imparato ad amare questi alberi cresciuti intorno alla casa natia, piantati dal padre. I suoi ricordi vanno “alle ore passate all’ombra delle “pioppe”, sistemato su una sedia impagliata con il carice (erba palustre), a leggere un libro, ad osservare i cardellini che portavano il cibo ai piccoli nel nido nascosto tra le foglie. Le soste più liete erano quelle pomeridiane estive quando una leggera brezza, annunciata dallo stormire delle foglie, scivolando sulla pelle mi dava una piacevole sensazione di freschezza”. Rimase fedele per tutta la sua vita a quell’albero in quanto, dopo il diploma di Perito agrario e la laurea in Scienze Agrarie a Padova, fu assunto dall’Istituto di Sperimentazione per la Pioppicoltura a Casale Monferrato, dove lavorò come ricercatore fino alla pensione.
Scrive Frison che quest’albero fino a non molto tempo fa, era considerato dai forestali poco più che una pianta infestante e gli agricoltori si limitavano ad utilizzarlo a scopi ornamentali , come frangivento e fornitore di legna da ardere e di foglie da foraggio. Eppure c’è un’altra utilizzazione del legno di questa pianta che è forse la più nobile: l’impiego nell’arte per la pittura su tavola. Da studi fatti per la identificazione di legno nell’arte emerge quanto segue: “al contrario dei pittori fiamminghi che usavano solo quercia importata dal Baltico, gli italiani sembrano aver utilizzato esclusivamente legni locali, prevalentemente latifoglie. Attraverso l analisi di cataloghi e monografie, su 429 tavole italiane 320 risultano in pioppo, mentre le rimanenti 89 rappresentano tante altre essenze”. (Da: Materiali lignei nell’arte italiana (secoli XV-XVII) Raffaella Bruzzone LASA, Laboratorio di Storia Ambientale – Sezione Botanica, Università di Genova). La tavola di pioppo dipinta da Leonardo è quella più famosa (Gioconda, 77 x 53 cm, 1503-1506), ma sono ben note anche le altre due. Beato Angelico, Trittico Corsini , Tempera ad uovo su tavola di pioppo, 1450 ca, Galleria Corsini. Andrea d’Agnolo detto Andrea del Sarto. Il sacrificio di Abramo dipinto olio su tavola di pioppo 159 x 213 cm, (1527/1528).
Il pioppo non è solo stato un mezzo per la realizzazione dei dipinti ma anche un diffuso soggetto pittorico nella pittura paesaggistica dell’ottocento. Dalla fine del settecento, in tutta l’Europa il paesaggismo diventa di moda. Soprattutto in Gran Bretagna, operano schiere di artisti che, con i colori a olio e gli acquerelli, rendono immortale la campagna della loro isola. Théodore Rousseau (Pierre Etienne Théodore Rousseau) in un suo quadro rappresenta il pioppo e si tratta del cipressino. Il pioppo cipressino in Francia è stato introdotto nel 1745 e fu piantato nei pressi di Montargis, lungo il canale di Briare, per poi diventare l’albero emblematico dei filari allineati lungo i fiumi, i canali e le strade. Il successo in Francia fu clamoroso e dai francesi è stato denominato “peuplier d’Italie”. Nel 1766, Pelée de St.-Maurice gli ha dedicato un’opera intitolata : “ L’art de cultiver les peupliers d’Italie avec des observations sur le chois… », che ha suscitato molto interesse anche in Italia.
Théodore Rousseau (Pierre Etienne Théodore Rousseau) – Paysage avec peupliers |
Il paesaggismo entrerà nel dibattito culturale e nascerà l’impressionismo. L’impressionismo registra l’immersione totale dell’artista nella natura che non è più avvertita come nemica ma acquista una dimensione dove abbandonarsi totalmente. Con i grandi cambiamenti che si verificarono nella prima metà del XIX secolo il paesaggismo entra nel dibattito culturale. Da un lato la pubblicazione de “L’origine delle specie” (1859) di Darwin e la nascita dell’Ecologia (1866 Ernst Haeckel) e dall’altro l’industrializzazione e l’avvio del turismo cambiano il modo di percepire il rapporto tra uomo e natura. Le tracce della modernità sull’ambiente ci vengono presentate dagli artisti con uno stile assolutamente nuovo: pittura senza disegno, fatta di macchie di colore giustapposte, e pennellate a tocchi, striature, virgolette, trattini, usano solo colori puri (primari e secondari) rigorosamente accostati a contrasto. I pioppi e il succedersi delle stagioni nelle relative variazioni di tempo e di luce sono soggetti particolarmente ideali per gli studi pittorici, bastava, infatti, un cambiamento della luce, una leggera brezza o qualsiasi variazione atmosferica che la percezione non era più la stessa. Monet rappresentò molti paesaggi con pioppi.
Peupliers près de Giverny, temps couvertClaude Monet (1840 – 1926) – Huile sur toile peinte en 1891 MOA Museum of Art (Japon) |
E che dire dell’amore di Vincent Van Gogh per i pioppi?
Van Gogh fu il primo pittore ad usare il colore pieno direttamente dal tubetto nell’opera precedente ciò è particolarmente evidente: è un colore violento, forte, accecante ma ancora sereno, a modo suo, aderente al vero e quindi non perturbante. Anche nell’Art Nouveau, Avanguardia e Land Art alcuni artisti appartenenti a questi movimenti hanno rappresentato il pioppo nelle loro opere.
Max-Beckmann-paysage-marin-avec-peupliers – 1924 |
Come scrive il Dott. Frison, la storia pittorica del pioppo, albero popolare, che trova il suo habitat naturale negli ambienti fluviali si svilupperà conl’arrivo degli impressionisti che dipingevano en plein air, ovvero al di fuori delle pareti di uno studio, a contatto con la natura, tra i campi coltivati o lungo i fiumi. Questi pittori, sulla base delle esperienze del romanticismo e del realismo, rompono con la tradizione, negano l’importanza del soggetto portando il genere profano sullo stesso piano di quello storico. Il pittore fissa sulla tela lo scorrere del tempo, le sue sensazioni di fronte alla natura, le sue emozioni di fronte ad un albero, utilizzando i cambiamenti di luce, i contrasti di luci ed ombre, colori forti e vividi. I toni chiari contrastano con le ombre complementari, gli alberi prendono tinte insolite, come l’azzurro, il nero viene quasi escluso, preferendo le sfumature del blu più scuro o del marrone. Ebbene, in questo periodo l’albero più rappresentato dagli artisti è il pioppo, ma non il pioppo cipressino, dall’indiscutibile valore paesaggistico, bensì il pioppo nero espanso e, probabilmente, l’ibrido canadese, colti anch’essi nel ruolo di alberi ornamentali anche se, a mio avviso, di minor valore estetico. E’ evidente che l’arte non può mai coincidere con il reale in quanto è necessariamente mediata, trasformata e ricreata dall’artista che vivendo vede qualcosa che lo interessa e la restituisce all’altro nella sua opera. Ecco perché ciò che conta non è mai ciò che si guarda, ma come e soprattutto chi guarda; ecco perché in arte non esiste l’albero in sé, ma esiste l’albero guardato dall’artista che lo ricrea e lo restituisce sulla tela per comunicare i propri sentimenti allo spettatore, attraverso il suo stile unico e irripetibile.
3 comments
Amo i pioppi. Un poeta portoghese disse che la vita va vissuta se non fosse per ascoltare il vento tra le foglie dei pioppi. Il mio primo lavoro pubblicato riguardava i vivai di pioppo.
Per anni ho misurato d'inverno nella Piana di Foligno la crescita dei nuovi cloni di pioppo (ibridi con sangue americana). Un grande amore è nato tra quei pioppi.
AMO I PIOPPI.
Beti Piotto
Nell'Italia contadina, soprattutto nel Nord di Italia, quando nasceva una bambina si piantava un filare di pioppi. Allora il ciclo dei pioppi era di 20 anni e con il ricavato del legno tagliato si faceva la dote della giovane. Il miglioramento genetico ha accorciato notevolmente il momento della maturazione portandolo a soli 10 anni, troppo presto per preparare doti.
Nell'Italia meridionale borbonica, invece, si usava maritare la vite ai pioppi che si tendevano, sfalzando, da Est a Ovest in modo da ostacolare eventuali incursioni militari provenienti da Nord che sarebbero state obbligate a zig-zagare tra le viti.
Queste gustose storie, seppur non tecniche, me le raccontava Enzo Avanzo, un grandissimo genetista forestale italiano e persona piena di umanità.
Beti Piotto
Grazie Beti.
Il tuo sapere è sempre fonte di grande conoscenza per noi. Ti ringraziamo di averci "scelti" e di seguirci nei nostri piccoli passi di custodia e cura del Giardino Botanico di Lucoli.