GLI ALBERI DEL GIARDINO DELLA MEMORIA: IL MELO ROMANELLA

by Amministratore
Il Melo Romanella del Giardino della Memoria ha già fruttificato lo scorso anno
Riprendiamo la nostra attività di redazione delle schede botaniche degli “antichi pomari” del Giardino della Memoria anche in cosiderazione del fatto che abbiamo constatato che l’argomento interessa molti lettori del nostro blog.
Come più volte scritto, negli ultimi decenni si è perpetrato un fenomeno di impoverimento genetico delle varietà fruttifere, cerealicole e orticole coltivate.
Pensiamo che l”80% delle mele consumate in Italia appartengono a sole tre varietà e a livello mondiale la popolazione si nutre con sole 30 piante coltivate. Si tratta di un fenomeno di erosione genetica che investe tutte le colture agricole, a cominciare da quelle cerealicole, ma che è particolarmente vistoso nel settore della frutticoltura e orticoltura.
Già nel 1888, Teodoro Bonanni, nel suo prezioso libro “Le Antiche industrie della Provincia dell’Aquila”, descriveva una situazione completamente diversa, le varietà di frutti coltivati erano decine e decine: solo per le mele si parlava di almeno una ventina di varietà.
Negli ultimi decenni si è assistito anche ad un abbandono pressoché completo della frutticoltura, ma nelle diverse contrade, di sovente in orti abbandonati, nei chiostri di antichi monasteri o in piccoli frutteti inselvatichiti, vegetano ancora numerose piante di frutta antica ed è propio in quei luoghi che il vivaista Sebastiani di S. Elia, fornitore delle specie antiche del Giardino della Memoria le va a ricercare.
E’ in questa immagine di fondo che si inquadra il progetto botanico del Giardino della Memoria di Lucoli volto a seguire un processo di riscoperta e valorizzazione delle varietà autoctone locali. La nostra scommessa è quella di conferire una nuova funzione alle varietà autoctone a rischio di estinzione da noi piantumate, o meglio, una serie di funzioni, con implicazioni di carattere paesaggistico, etnobotanico, didattico, turistico, salutistico.
Perché a suo tempo furono abbandonate le antiche varietà autoctone di frutta? 
Di motivi ce ne sono tanti, ma uno è particolarmente evidente e cioè le nuove varietà ibride hanno reso di più: garantiscono una produzione maggiore, meno imperfetta. Ma la coltivazione della terra e la cultura delle tradizioni che ne deriva non può essere alimentata solo da motivazioni di massimizzazione economica, occorrerebbe dare una nuova funzione economica a vecchie varietà poco produttive ma dalla qualità spesso eccellente. Le piante fanno parte della nostra storia così come i monumenti, le opere d’arte: rappresentano una parte delle nostre tradizioni, della nostra cultura: rientrano nel  novero dei “beni comuni”, verso la cui salvaguardia protende la nostra attività associativa. 
Nel chiuso delle valli montane o nell’intimità della campagna piena, i contadini hanno tramandato da una generazione all’altra una serie di semi, di piante e di animali. Quando ci si sposava, della dote spesso facevano parte le marze di fruttiferi o semi di cereali, legumi e ortaggi. Insomma, il materiale genetico o germoplasma, veniva scambiato tra i contadini come un dono, una promessa di buoni sapori.
Ci piacerebbe diffondere il messaggio e la consapevolezza che è meglio poter disporre di molti diversi sapori e colori, aromi e profili sensoriali. La diversità è un valore perché arricchisce la nostra scelta e fa rima con libertà.
Il Melo Romanella piantumato al Giardino della Memoria viene da un ceppo ritrovato a Scoppito (AQ).
Si tratta di una qualità simile alla Mela Rosa (chiamata anche: pianella, rosetta, durella, appietta). Una varietà-popolazione il cui biotipo tradizionale si è individuato per lo più nell’area pre-appeninica dei monti Sibillini.
Il frutto è medio-piccolo, irregolare, di forma appiattita asimmetrica, buccia liscia di medio spessore od anche spessa, di colore verde intenso soffuso o striato di colore rosso-vinoso (comunemente detto rosa). Il frutto ha un peduncolo molto corto e presenta una rugginosità localizzata nella zona peduncolare. Polpa di colore bianco traslucido, soda, croccante, di sapore zuccherino acidulo e profumata, molto serbevole. Le piante della Mela Romanella presentano un’ottima resistenza al freddo ed i frutti manifestano una buona resistenza alla ticchiolatura ed alle più comuni avversità biotiche. Per tale motivo le piante risultano idonee per una coltivazione a basso impatto ambientale. 
Oltre al consumo fresco, i frutti venivano utilizzati anche per cottura sotto brace o al forno o per confezionare vari tipi di dolci. Già dal tempo dei romani la Mela Rosa, poi chiamata Romanella, era conosciuta e molto ricercata, come affermato anche nelle satire oraziane di Quinto Orazio Flacco nel 65 a.C., grazie alla sua polpa acidula e zuccherina con un profumo intenso ed aromatico che permane in bocca.

Calendario di produzione: Il consumo avviene preferibilmente a cominciare dal tardo autunno ed anche dopo lunga conservazione, fino ad inizio primavera dell’anno successivo.

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