Tratteremo l’argomento con dei flash tematici rendendolo fruibile su questo strumento sintetico che è il Blog. La prima cosa a cui Campo Felice ci fa pensare è quella della meditazione, le montagne che circondano l’Altipiano hanno molto da insegnare, quale archetipi significativi in tutte le culture. Le montagne sono luoghi sacri e l’umanità vi ha sempre cercato guida spirituale e rinnovamento. La montagna è il simbolo dell”asse originario della Terra (Monte Meru), la sede degli dèi (Monte Olimpo), il luogo in cui il capo spirituale incontra Dio e ne riceve i Comandamenti (Monte Sinai). Le montagne comunicano un senso di sacralità e personificano timore e armonia, asprezza e maestà. Elevate sopra il resto del mondo, la loro stessa presenza attira e incombe. La loro natura è primigenia. Dura come la roccia, solida come la roccia. Le montagne sono luoghi di visioni, dove è possibile commisurare la scala panoramica del mondo naturale e la sua commistione con le fragili ma tenaci radici della vita. Nella storia e preistoria dell’umanità hanno svolto funzioni chiave. Fra i popoli tradizionali erano e sono ancora madre, padre, guardiano, protettore, alleato. Il gruppo di montagne che circondano l’Altopiano è stato un nostro riferimento “morale” dopo il sisma del 2009, davanti allo sconcerto mediatico di fatti e misfatti, di sentimenti ed azioni originati dall’umano agitarsi, le montagne erano le uniche a restare ferme. Il sole in quasi tre anni dal sisma ha compiuto il suo percorso nel cielo, i monti semplicemente sono restati fermi, anche se la luce, le ombre ed i colori sono mutati virtualmente ogni momento nella loro adamantina immobilità. Mentre la luce cambia, la notte segue il giorno e viceversa, le montagne restano immote, limitandosi ad essere loro stesse. Cosi rimangono mentre ciascuna stagione sfocia nella successiva e il tempo meteorologico varia da un momento all’altro, da un giorno all’altro. Un’immobilità che contiene tutti i cambiamenti. Sono rimaste ferme di fronte alle problematiche della ricostruzione, ai piani di recupero, ai soldi che ci sono o non ci sono, alle regole per ricostruire che fermano o facilitano.
Campo Felice è un luogo di pace che risintonizza con la natura e con il Creato.
Ma vogliamo anche fornire qualche piccola informazione da manuale geografico.
L’altopiano di Campo Felice è collocato nell’Appennino laziale–abruzzese, che costituisce la porzione centrale della catena appenninica e si inquadra nell’ampio processo geodinamico che caratterizza il bacino del Mediterraneo. L’altopiano appenninico è caratterizzato da una intensa attività sismica sia storica che strumentale, con terremoti anche di forte intensità, e da una estensione prevalente orientata nord est – sud ovest ortogonale alla direzione dei principali sistemi di faglie sismogenetici.
Cerchiamo di approfondire (semplificando il più possibile i termini tecnici) il suo assetto geologico, strutturale e le caratteristiche sismologiche di quest’area, ponendo anche una particolare attenzione alle studio dei principali sistemi di faglie sismogenetiche.
L’orientazione delle principali faglie normali segue la direttrice appenninica, tali faglie sono responsabili dell’andamento attuale del paesaggio tipicamente costituito da horst e graben e della formazione dell’altopiano di Campo Felice, depressione di origine tettonico – carsica. Il sistema di faglie di Campo Felice–Colle Cerasitto borda l’omonima piana ed è in rapporto en-echelon destro con la faglia di Ovindoli–Pezza che ne costituisce il suo prolungamento a sud. Essa pone in contatto il bedrock carbonatico con i depositi del Pleistocene Superiore. L’attività recente è testimoniata dalla presenza di un’evidente scarpata di faglia e da una valle sospesa al footwall della faglia. Considerazioni geologiche e geomorfologiche hanno permesso la correlazione fra la valle sospesa al footwall della faglia e i depositi continentali intercettati da perforazioni effettuate all’interno della piana. Galadini [2006] individua nell’Appennino abruzzese sette tipologie di DGPV*, diverse sia per tipo che innesco, che interessano l’area. La tipologia individuata nella zona di Campo Felice-M. Cefalone e nella zona di M. Rotella, vede la presenza di due porzioni di faglia parallele presenti nel versante come responsabili dell’evoluzione del movimento gravitativo. La prima è localizzata nella porzione alta del versante, l’altra nella zona pedemontana. La faglia localizzata nella parte pedemontana è responsabile della subsidenza del bacino e causa l’incremento dello stress topografico del versante, mentre quella nella zona alta ha un ruolo passivo, coincidendo con piani di scivolamento del versante, e ne guida il movimento. La differenza fra i due tipi consiste nel fatto che, nel caso di Campo Felice, il versante taglia la faglia a valle mentre nel caso di M. Rotella la faglia è ancora collegata alle porzioni sub superficiali di faglia e disloca in tempi recenti lo scorrimento (fig. seguente).
Evidenza di una delle Faglie di Campo Felice – foto Fabrizio Soldati |
* DGPV =Deformazioni Gravitative Profonde di Versante sono state messe in evidenza già dalla prima metà del secolo scorso e individuate come movimenti di massa di grandi dimensioni che interessano principalmente lunghi pendii modellati in rocce lapidee disposte in giacitura sub-orizzontale o poco inclinata, poggianti su un sottostante livello duttile.
In parte tratto da: http://www.geoitalia.org/upload/home_page/geoitalia/n28.pdf.
La morfologia di quest’area risulta caratterizzata dall’alternanza di aree pianeggianti e sub-pianeggianti formate dai sedimenti lacustri e dai conoidi, zone terrazzate dovute alla presenza di terrazzi lacustri ed infine da basse colline formate dai corpi morenici. Il drenaggio della piana è di tipo endoreico, come evidenziato da Giraudi (1998) l’idrografia della piana è caratterizzata dalle presenza di tre piccoli bacini, separati tra loro da spartiacque, visibili chiaramente solo in occasione di eventi metereologici eccezionali e dalla presenza di inghiottitoi carsici che permettono, insieme alla porosità dei sedimenti che compongono la piana, il deflusso dell’acqua meteorica e di quella dovuta allo scioglimento delle nevi invernali.
Un esemplare di orchidea Dactylorhiza Sambucina (L.) Soò – foto realizzata con tecnica macro da Roberto Soldati |
L’altopiano ed i rifiuti foto Fabrizio Soldati |
L’Altopiano ed i rifiuti foto Fabrizio Soldati |
L’ecologismo del Ventesimo secolo ha avuto il grosso difetto di parlare alla gente per simboli e per paure. Da un lato i simboli non consentivano di ottenere risultati concreti perché spesso, mentre si salvava un albero plurisecolare (di cui, alla stragrande maggioranza della popolazione, importava comunque poco), magari alle proprie spalle veniva distrutta una foresta amazzonica o nostrana (miopia ecologista?); dall’altro le paure avevano un’azione prettamente negativa, di veto, senza che fossero proposte valide alternative, con il risultato che una cospicua parte dell’opinione pubblica, per ragioni varie, non le prendeva assolutamente in considerazione.
Tante le soluzioni per i piccoli passi che sviluppano sensibilità e fidelizzano il turista: ad esempio lo studio di una cartellonistica che illustri ai visitatori di Campo Felice l’ambiente in cui si trovano e/o che solleciti comportamenti appropriati e non devastanti. Un altro esempio: l’apposizione di un numero maggiore di cestini per i rifiuti, da mantenere poi, puliti. L’istituzionalizzazione di attività di pulizia e bonifica periodiche dell’area, anche a carattere volontario (in questo caso da intendersi non come un surrogato di un servizio comunale doveroso); a riguardo non ringrazieremo mai abbastanza colui che lo scorso anno, di sua iniziativa, ripulì gran parte della Piana da residui ferrosi, con il solo supporto di un mezzo comunale per il trasporto degli stessi.
Ci domandiamo come mai i Comuni dell’Area Omogenea non si attivino per ripulire “omogeneamente” l’Altopiano ciascuno per sua competenza amministrativa.
2 comments
Perfettamente daccordo, ma credo che al momento non vi siano forse le persone giuste atte a recepire questo importante messaggio che mira ad un futuro eco sostenibile……spero vivamente che questi sassi lanciati nello stagno servano a formare la base futura affinche si possa arrivare alla comprensione di investire in maniera saggia e oculata in preziosi patrimoni come campo felice. Salvatore
Grazie Salvatore del contributo.
Futuro ecosostenibile è un grande concetto che non va certo calato dall'alto ma va costruito dalle basi, attraverso l'informazione, la comunicazione reciproca con gli operatori locali, la formazione e l'incentivazione. Non ci inventiamo nulla, molti territori del centro nord ed anche del sud hanno iniziato così. C'è una canzone della top ten di questi giorni che si intitola "l'amore è una cosa semplice" pensiamo che sia un concetto vero nella sua essenzialità: l'amore per un luogo va costruito con azioni semplici soprattutto nei confronti delle nuove generazioni. Perchè non indire concorsi scolastici su qualsiasi disciplina per approfondire le bellezze di quest'area? Perchè non organizzare visite guidate con animatori esperti che facciano conoscere e quindi apprezzare ciò che si ha a due passi da casa? Gli insegnanti sarebbero felici di collaborare.
Perchè non bonificare una volta l'anno in modo esaustivo e comunitario la parte rientrante nel territorio di Lucoli? Non parliamo di andare sulla luna.
I sassi lanciati, magari non solo nello stagno….,sono "pungoli" che possono smuovere anche persone poco attente.
Saluti.