La statua di Maria del presepe, riprodotto su scala ridotta, esposta nel 2014 a Vado Lucoli |
Altre figure del presepe esposto a Vado Lucoli |
Museo della Ceramica di Castelli le figure monumentali dei Re Magi |
Museo della ceramica di Castelli figura di soldato del presepe monumentale |
Mela Limoncella |
Mela Renetta Ruggine – Foto di Roberto Soldati |
Mela Zitella |
Grazie agli agricoltori custodi la salvaguardia della biodiversità agricola è garantita e le varietà locali possono continuare ad evolversi, mantenendo vivo il collegamento con la matrice culturale d’origine. Il sistema di tutela della biodiversità agraria è stato istituito in Abruzzo nel 2018 e prevede un registro delle risorse genetiche vegetali a rischio di estinzione, i registri degli agricoltori custodi, una banca del germoplasma e la rete regionale per la biodiversità agraria.
San Franco un Santo che per ben venti e più anni della sua vita ha vissuto a Lucoli, eppure oggi, sembra non esservi traccia del suo ricordo. Al Santo è stato attribuito il potere taumaturgico di guarire le malattie della pelle, all’origine dei riti idroterapici compiuti presso la sorgente dell’acqua di San Franco, gli viene attribuito anche un ruolo di mediatore tra ordine sociale e natura selvaggia, riconosciuto al Santo dalla tradizione medioevale visto il suo patrocinio contro le aggressioni di animali da preda o comunque potenzialmente pericolosi.
La nostra Associazione, che ha tra le sue finalità anche quella del recupero della memoria storica e culturale del territorio, da diversi anni si è impegnata nella ricerca di testimonianze sul Santo, anche in collaborazione con la Soprintendenza dell’Aquila.
I soci di NoiXLucoli Onlus hanno pensato che quella del 5 giugno poteva essere una data importante anche per Lucoli e non solo per le comunità di Assergi e Roio, che segnano i tre principali momenti della vita del Santo; di Arischia che nel suo territorio annovera l’Acqua di San Franco, di Ortolano che lo onora e ricorda nella sua chiesa, di Forca di Valle (TE) che lo festeggia come patrono, ma di tutto l’Aquilano, anzi di tutti i territori che lo hanno onorato nei secoli con il loro culto ed i loro pellegrinaggi.
Nel 2019 siamo entrati in contatto con l’Associazione “Assergi: cultura, memoria e montagna”, nata proprio in occasione dell’evento “Ottocentenario di San Franco”, che ha fatto da motivazione e da punto di coagulo di interesse. Questa Associazione si è posta l’obiettivo di fare qualcosa in Assergi che potesse dare risonanza a questa celebrazione da un punto di vista culturale e di coinvolgimento del territorio.
Abbiamo partecipato con entusiasmo a varie riunioni apprezzando il percorso di studio e di approfondimento territoriale avviato dai promotori. Ci hanno insegnato a riscoprire la memoria, il passato e, attraverso di esso, a tentare di ricostruire una linea storico identitaria che potesse sostenere uno sviluppo cosciente del nostro territorio. I nostri soci hanno riscoperto le tracce di radici lontane otto secoli fa arrivando al tempo in cui San Franco viveva nell’Abbazia di San Giovanni di Lucoli e poi in una grotta del territorio.
Gli incontri con l’Associazione di Assergi ci hanno fatto conoscere San Franco come personaggio storico religioso, che può dire molto anche ai giovani di oggi, in veste anche attuale come simbolo e come messaggio culturale e di fede. L’Ottocentenario ha permesso di incontrarci e conoscerci acquisendo una cultura di rete e di collaborazione con altre Associazioni che ha rivitalizzato la motivazione ad agire ed al fare. Il Covid-19 ha però frustrato i nostri progetti, limitando gli incontri ed anche il programma di eventi che avevamo previsto per Lucoli. Siamo però riusciti a partecipare ad alcuni iniziative e ad organizzare le seguenti attività:
5 giugno 2020, Ottocentenario di S. Franco – Assergi
Citiamo alcune frasi dell’omelia di Mons. Antonini nelle quali si riportano le esperienze del Santo a Lucoli: ”S. Franco scelse la prima alternativa: portato da Dio a trovare più gioia nel suo amore di quanto la cupidigia ne trovi nell’oro, rinunciò a tutti i suoi beni prima entrando nel monastero di S. Giovanni di Lucoli e, dopo venti anni, ritirandosi completamente dal mondo e dandosi alla penitenza, alla ricerca continua dell’unico necessario e alla preghiera incessante, munito dell’armatura di Dio come abbiamo sentito nella prima lettura, resistendo alle insidie del diavolo e restando in piedi dopo aver superato tutte le prove”. “È proprio la storia di S. Franco. Praticata prima la vita cenobitica a Lucoli per ben vent’anni, rifiutò l’elezione ad Abate – oltre alla santità possedeva quindi anche doti di discernimento e di governo – e divenne eremita, in un primo tempo tra i boschi lucolani e infine sulle rocciose impervie montagne del Gran Sasso”.
I nostri soci insieme ad alcuni dell’Associazione Amici di San Michele Onlus hanno partecipato alla rappresentazione il “Respiro della montagna”. Opera in testi e musica, articolata e composita centrata sui temi dell’ esperienza umana e religiosa di un monaco eremita del lontano 1200 sui monti del Gran Sasso, in mezzo a una natura incontaminata anche se selvatica e su quelli contemporanei della realtà ambientale odierna con annessi rischi e problemi. La rappresentazione composta dal racconto, musica e canto voleva stimolare i partecipanti ad orientarsi verso un futuro di speranza e di costruzione, giorno per giorno, di una nuova realtà, pensando all’enorme ricchezza e valore dei territori montani.
I nostri soci insieme ad alcuni dell’Associazione Amici di San Michele Onlus ed a quelli dell’Associazione “Assergi: cultura, memoria e montagna”hanno partecipato ad una escursione alla scoperta della Grotta di San Franco. Abbiamo percorso un itinerario in un giorno d’estate coinvolgendo persone motivate ad esplorare “l’altrove” naturale e mentale, volendo condividere con tutti i significati remoti assorbiti dall’oblio per riscoprire il nostro retroterra storico legato alla figura del Santo. Un libro di recente pubblicazione conferma l’identificazione di tale luogo nella Montagna di Lucoli e Tornimparte presso l’eremo di Sant’Onofrio (Roio storia di una Terra attraverso i secoli – Croce Rotolante – 2020). La grotta di Sant’Onofrio, che si affaccia sul profondo omonimo vallone, è un riparo a 1.400 metri d’altezza su una parete rocciosa del monte Orsello, poco oltre i ruderi del villaggio medievale di Sant’Eramo. La grotta, raggiungibile con un ripido sentiero in parte ferrato, è provvista di gradoni scavati nella roccia, di un rozzo altare in pietra e di alcune nicchie.
Citiamo altri riferimenti di letteratura sulla vita di San Franco relativi al bosco di Lucoli ove visse in una grotta: “Trascorso un ventennio di lunga riflessione, decise di abbandonare la vita monastica per recarsi in posti più reconditi, in cui poter vivere la sua ascesi in solitudine, seguendo le orme del Battista, al quale l’Abbazia era stata consacrata, come predicatore di penitenza. La sua scelta esistenziale declinò verso percorsi più austeri che lo porteranno ad immergersi nella purezza della natura, con la quale entrò in perfetta simbiosi nella continua ricerca della perfezione e quindi della santità. Saranno due fiere le protagoniste della vita eremitica del Santo: l’orso e il lupo. Una volta ottenuto il permesso dal superiore dell’Abbazia di San Giovanni Battista, una sera si congedò dai suoi confratelli salutandoli con il bacio della pace e verso mezzanotte, mentre i monaci dormivano, vestito con i suoi consueti indumenti, con un “sacchetto” contenente nove pani, un pugno di sale, una fiaschetta, una catinella, un breviario e altri pochissimi oggetti, lasciò il monastero. La sua età era prossima ai quaranta anni. Non molto distante dal convento, nel vicino bosco (Antinori, Annali, parte I, vol.7, pag 529), incontrò un orso che lo precedeva e, seguendolo, raggiunse una grotta cinta di rovi e di spini, proprio nel punto in cui la selva diveniva più folta. In prossimità della nicchia zampillava dell’acqua limpida che scaturiva dall’incavo di una quercia. Il luogo di questo suo primo ricovero, come afferma l’Antinori, non era molto distante dal monastero, mentre gli Atti del Santo (Dissertazione del Tomei, Lezione II), nell’individuare tale sito, fanno riferimento genericamente a remote selve; presumibilmente la spelonca doveva comunque essere ubicata nei monti del Lucolano o in prossimità degli stessi.” (San Franco di Assergi – Storia di eremitismo e santità alle pendici del Gran Sasso – Ivana Fiordigigli).
Il 20 agosto, confidando nel luogo all’aperto e rispettando tutte le regole di sicurezza previste per il covid 19, ci siamo recati a quella riconosciuta come la grotta di San Franco. Abbiamo percorso il pianoro roccioso sul versante Ovest di Monte Orsello dove sono ancora visibili i resti dell’antico villaggio medievale di Sant’Eramo menzionato in una bolla papale del 1215. Degna di nota la bellezza delle pietre accumulate ove oggi trovano riparo gli armenti che ci hanno accompagnato in tutta l’escursione. In questi luoghi sono ancora visibili le tracce delle Vie Amiternine, antiche mulattiere ormai abbandonate, ma che secoli addietro facevano da congiunzione a due delle più importanti vie di comunicazione de centro Italia: la Via Salaria e la Via Valeria. Attraverso di esse la Conca Aquilana e la Marsica trovavano il possibile collegamento per gli scambi commerciali. Il vallone di Sant’Onofrio, prendeva il nome del Santo che vi aveva dimorato, al riparo di una spelonca ricavata nella sua parete rocciosa (notizie sulla vita dell’eremita sono scarse, secondo le antiche agiografie il monaco copto, vissuto nel V secolo, figlio del re di Persia, trascorse la sua esistenza in eremitaggio nel deserto, sull’esempio di San Giovanni Battista e del profeta Elia, non c’è letteratura in merito alla sua vita in Abruzzo).
Finalmente giunti alla grotta che si apre come una balconata esposta a Sud, e raccoglie al suo interno tutto il calore del sole, affaticati ma felici ci siamo immortalati con le foto ricordo. Il bosco sottostante mitiga qualsiasi movimento del vento, lasciando colmare quel luogo soltanto di pace e beatitudine.
17 Ottobre 2020 – Piantagione di un albero di ciliegio in prossimità dell’Abbazia di San Giovanni di Lucoli.
La nostra Associazione pianta alberi da quando è stata costituita perché piantare alberi nella semplicità del suo gesto, è un degli atti più simbolici e ricchi di speranza che si possano, immaginare e offrire ad una comunità. Significa mettere radici, saper aspettare, vivere nel ritmo della natura e contribuire al futuro della Terra. Ci sono degli episodi che legano San Franco a degli alberi, quello che riportiamo è legato ad un albero di ciliegio.
Si racconta che a Roio nella casa identificata come quella in cui nacque San Franco si conservassero agli inizi del secolo passato, i resti di un prezioso cippo del ciliegio fatto crescere nel semenzaio della famiglia del futuro religioso. Nella tradizione popolare si narra di un miracolo avvenuto nel lontano medioevo, in un piccolo borgo montano dell’Appennino abruzzese, chiamato Rogie in villa Morchonia 1, non lontano, di rimpetto, ad ovest, dalle Alpi Sabine, nel punto in cui il sole lascia il suo cammino. La città dell’Aquila non era ancora stata edificata. La vicenda ebbe come protagonista un giovane pastore di nome Franco, futuro Santo, il quale, un giorno di settembre, accomiatandosi dalla madre per seguire il gregge che svernava nella lontana Apulia, promise alla genitrice che il loro prossimo incontro sarebbe avvenuto quando i frutti tornavano a colorare l’albero di ciliegio posto nell’orto della casa paterna. Il fatto si manifestò, ma non a giugno, come era naturale che fosse, bensì a gennaio, nel pieno dell’inverno. Lo stupore per il miracolo e la gioia nel riabbracciare il figliolo regalò un momento di felicità e serenità a quella madre che solo la magia della natura e la purezza d’animo dell’uomo sanno donare.
Collegandoci a questa narrazione i soci di NoiXLucoli Onlus hanno deciso di piantare un albero di ciliegio per ricordare il “miracolo del ciliegio”, un cippo in pietra, vicino alla pianta, ricorderà anche a Lucoli la data dell’ottocentenario.
Il lavoro di sfalciatura |
Sofia Marrelli in un disegno |
Campo Felice Zona di Protezione Speciale e Sito d’Importanza Comunitaria tutelato dall’Unione Europea |
La Direttiva 92/43/CEE Habitat segna una svolta fondamentale, in chiave ecologica, della politica europea di conservazione della natura: si passa dalla tutela delle singole specie a quella dei sistemi ecologici (habitat = ecosistemi), considerando le relazioni ecologiche necessarie al loro mantenimento a lungo termine. L’entrata in vigore della Direttiva dell’Unione Europea “Uccelli” (79/409/CEE) e soprattutto di quella “Habitat” nel 1992 fa così compiere un deciso salto concettuale anche alle normative nazionali del settore, istituendo in modo rigoroso e chiaro una rete di aree protette ad un livello sovranazionale (la Rete Natura 2000), in grado di proteggere efficacemente tutte le specie animali e vegetali rare e minacciate su scala continentale, anche attraverso la protezione dei loro habitat, riconoscendo che un’efficace conservazione delle specie può essere ottenuta solo attraverso la conservazione delle interazioni tra di esse, cioè tutelando i loro habitat naturali.
Panoramica di Campo Felice |