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Quando da un evento calamitoso nasce, d’impeto, la solidarietà, spetta poi agli uomini costruire relazioni di amicizia che durino nel tempo e sviluppino significati più ampi, che costruiscano una storia all’interno delle Comunità. E’ questa storia che abbiamo cercato di scrivere, vivendola insieme, ieri.
La visita del 12 novembre u.s. ha fatto conoscere le bellezze di Lucoli ai soci della Pro Loco di Santo Stefano in modo più sereno dal 2009, ne hanno percepito le bellezze dei paesaggi, della natura, la storia interessante ed anche la voglia di fare degli operatori locali che li hanno accolti con degustazioni di prodotti di qualità e con amicizia.
Sono arrivati come sempre con doni generosi, abbiamo cercato di contraccambiare con una calorosa accoglienza ed organizzando un programma articolato di visita, anche alla Città dell’Aquila nel pomeriggio.
Il prossimo incontro sarà da loro a Grotte Santo Stefano (VT) ci faremo promotori dell’organizzazione di una gita per la Comunità di Lucoli.
Arrivo dei cinquanta soci all’Abbazia di San Giovanni. Mai a mani vuote! Portano vino per il futuro pranzo degli anziani di Lucoli |
Foto ricordo con i soci della Pro Loco Santo Stefano |
All’interno dell’Abbazia di San Giovanni, visita guidata, per conoscerne la storia antichissima. Nello sfondo l’affresco del “Santo Monaco” da noi riprodotto e donato per la sede della Pro Loco |
Un momento di raccoglimento al Giardino della Memoria del sisma con la deposizione di fiori sotto ai nomi delle vittime |
Targa ricordo donata dalla Pro Loco al Comune di Lucoli |
Il nostro dono: dall’arte di Lucoli una riproduzione del “Santo Monaco” affrescato nell’Abbazia di San Giovanni |
Visita al Poliambulatorio di Lucoli al quale la Pro Loco ha contribuito con il dono della Fiat Doblò per i Servizi Sociali. Nella foto il Presidente e la Vice Presidente della Pro Loco Santo Stefano |
Veduta di Grotte Santo Stefano (VT) |
Grotte Santo Stefano è un paese che oggi è una Frazione di Viterbo, un tempo, prima del 2 gennaio del 1927 era un Comune della provincia di Roma, poi, con Mussolini, a partire dall’anno successivo, fu aggregato a Viterbo insieme a Bagnaia, San Martino al Cimino e Roccalvecce. Nel 1974 e 1985 i grottani (gruttani in dialetto), tentarono di rendere il paese un comune, distando 16 km da Viterbo ed avendo una popolazione di 3.800 abitanti, ma invano ed oggi resta ancora un quartiere decentrato del capoluogo della Tuscia.
Le origini del paese hanno inizio con la distruzione di Ferento avvenuta nel 1172 ad opera dei viterbesi e conseguente fuga degli abitanti arrivati in questo luogo per ripararsi in alcune grotte etrusche. Tali grotte erano ubicate nel pre-esistente territorio di Montecalvello e vicino al confine con la nativa Ferento.
Con il passare del tempo il Vescovo di Bagnoregio assegnò a questa comunità di contadini e pastori un parroco della parrocchia di Santo Stefano, dove fin dal 1202 erano custodite le reliquie delle chiese ferentane. Vicino alla zona delle antiche grotte venne eretta una piccola edicola in onore del Santo e da qui il nome di Grotte Santo Stefano. Quando il centro crebbe, i cittadini grottani vollero un proprio Santo Patrono ed il Vaticano con intercessione della Diocesi di Bagnoregio, ottenne le ossa di un martire cristiano al quale era stato dato il nome di Venerando che a tutt’oggi è Patrono del paese e si festeggia la prima domenica di settembre, mentre Santo Stefano è il Copatrono e si festeggia il 26 dicembre. Potete visitare il sito della Pro-Loco della cittadina, nel quale è indicata la storia e gli eventi che organizzano, come il Carnevale, la Sagra delle Fettuccine o la Festa del Santo Patrono Venerando.
La Proloco di Santo Stefano
L’Associazione è stata costituita nel giugno del 1998 dalla volontà di alcuni paesani stanchi di vedere il loro paese dimenticarsi delle sue origini, del suo passato, dei suoi avi. Numerosi, appartenenti ai diversi ceti sociali ed armati di spirito di sacrificio, hanno costituito il folto gruppo dei volontari che sono il motore dell’associazione, che persegue, senza fini di lucro, interessi di valenza di pubblica utilità sociale e con rilevanza di interesse pubblico. Ad oggi l’associazione si compone di circa 60 soci.
L’incontro con Lucoli è stato casuale, un “grottano” è parente acquisito di un lucolano di origine, molto attivo nella solidarietà e nel sociale e, all’indomani del sisma del 2009, si è subito generata quella carica magnetica attrattiva tra chi manifestava l’entusiasmo del volersi “donare” e chi aveva bisogno. Sono venuti di persona a rendersi conto della situazione di emergenza ed hanno voluto un progetto, una ipotesi concreta di aiuto che non fosse solo legata ad una donazione economica: doveva esserci un significato preciso. Approccio etico e veramente “per bene”.
I nostri futuri soci (che non pensavano ancora a NoiXLucoli Onlus) si sono dati da fare, insieme al “Sindaco del terremoto” Luciano Giannone, per ancorare l’aiuto dei Grottani ad un progetto futuro, necessario e fattibile: quello del Poliambulatorio del quale già si aveva la promessa di una struttura dono dell’Associazione dei Costruttori della Lombardia.
Ma come contribuire? Cosa fornire di concreto ed utile da subito ed anche valido per il futuro?
Pensarono a donare un’auto, necesaria per predisporre un servizio di navetta per gli anziani che si fossero dovuti recare al Poliambulatorio, strumento particolarmente utile vista la parcellizazione in molte Frazioni del Territorio e le distanze da percorrere per persone non più autonome.
Da quel momento la Pro Loco si è trasformata in una “macchina da guerra”, perfetta, ha organizzato, lavorato, raccolto fondi con ogni mezzo e ci ha veramente sbalorditi con lo slancio dei soci e la capacità di fare bene. Non spenderemo mai troppe parole per ringraziarli tutti: il valore di una Comunità dovrebbe essere misurato in base a quanto dà e non in base a quanto è in grado di ricevere, come ben diceva Einstein….. ed i Grottani di valore ne hanno dimostrato molto!
Quella di Grotte Santo Stefano è stata la prima forma concreta di solidarietà arrivata a Lucoli, tutti gli altri sono arrivati dopo.
Quella di Grotte Santo Stefano è stata la prima forma concreta di solidarietà arrivata a Lucoli, tutti gli altri sono arrivati dopo.
La locandina dell’evento di raccolta fondi per Lucoli |
La serata di raccolta fondi a Grotte Santo Stefano con il Sindaco Luciano Giannone
La grande partecipazione popolare |
Al termine della fantastica serata l’auto è stata consegnata, accompagnata dai fuochi pirotecnici, al Sindaco Giannone |
Trascorsi più di due anni dal terremoto quaranta soci della Pro Loco di Santo Stefano verranno in visita a Lucoli, graditi ospiti dell’Amministrazione Comunale che offrirà ai convenuti un pranzo e della nostra Associazione che ha organizzato per loro un programma di degustazioni di prodotti tipici locali ed anche la visita della Città dell’Aquila.
Sarà un grande piacere mostrare loro i cambiamenti positivi intercorsi a Lucoli, rappresentati dal Poliambulatorio, dalla Struttura pastorale donata dalla Caritas, dalla messa in sicurezza dell’Abbazia di San Giovanni Battista (tolte le brutte travi ed i puntelli), dal Giardino della Memoria dedicato alle vittime del sisma. Purtroppo, saranno evidenti anche i timidi risultati di una ricostruzione dei borghi che stenta a partire.
Oramai i nostri legami personali sono consolidati, questa generosa Comunità ci è entrata nel cuore e mai la dimenticheremo, i suoi componenti saranno nostri fratelli nella bellissima terra di Lucoli.
Francesco Antonio Saverio Grue (1686-1746) il “dottore maiolicaro” di Castelli durante il suo soggiono a Bussi (AQ) realizzò per il reverendo Angelo Petricone di Lucoli il rivestimento ceramico dell’altare della Chiesa di San Michele Arcangelo, parzialmente conservato prima nei depositi del Museo Nazionale d’Abruzzo a l’Aquila ed oggi presso la sede della Soprintendenza per l’Abruzzo di Celano.
Laureatosi ad Urbino in filosofia e teologia, Francesco Antonio Saverio Grue è stato un personaggio di grande personalità sia per gli aspetti del carattere irascibile ed irruento, che lo portarono a capeggiare la rivolta del 1716 contro il Marchese Mendoza e a minacciare con la spada sguainata suo padre Carlo Antonio nella piazza di Castelli, sia per la varieta’ delle esperienze compiute, giacché oltre a dipingere le maioliche con le sue invenzioni sempre molto originali, incise all’acquaforte paesaggi e vedute e compose poemetti e satire. Assai apprezzato dal re di Napoli Carlo di Borbone, l’artista svolse la sua attivita’ nel paese natale, ad Urbino, a Bussi (dove fu governatore) e, per oltre un ventennio, a Roma, contribuendo a diffondere la tradizione pittorica di Castelli. La vita di questo artista è quasi un romanzo potrebbe essere considerato un Masaniello di paese essendo un individuo anticonformista, dalla forte personalità e buona cultura, che assunse deliberatamente atteggiamenti estremi ed irrequeti.
La vita di questo magnifico artista e le sue opere sono state illustrate dalla Dottoressa Luciana Arbace, Soprintendente per il patrimonio storico artistico ed etnoantropologico per l’Abruzzo in un ricchissimo ed interessante libro, del quale presentiamo di seguito la copertina.
Il Paliotto di Lucoli, opera di grandissimo pregio, raffigura la vita di San Francesco Saverio, al quale l’autore era devoto e presenta anche dei sonetti inneggianti alla Vergine e fu eseguito nel 1713. La Dottoressa Arbace lo interpreta quasi come un ex voto al Santo Patrono Francesco Saverio per grazia ricevuta: per lo scampato pericolo di non essere dovuto andare in carcere o per la conquista di un incarico di potere quale fu quello del governatorato di Bussi.
Quest’opera realizzata per la chiesa di San Michele Arcangelo di Lucoli era nota agli storici già dal 1848 ed era collocata sul primo altare a sinistra (Angelo Leosini: Monumenti storici artistici della Città di L’Aquila e suoi contorni con le notizie di pittori, scultori, architetti ed artefici che rifiorirono, Aquila Perchiazzi 1848, p. 262). Il Paliotto attualmente si compone di trentatre elementi sciolti, oltre a diversi elementi che compongono una cornice tuttora murata in una sala del Museo Nazionale D’Abruzzo. Nella configurazione originale prevedeva molte altre tessere oggi perdute è probabile che il depauperamento di quest’opera sia iniziato con il terremoto del 1915 a seguito del quale la Chiesa di San Michele Arcangelo fu distrutta. Anche i pezzi recuperati subirono molte vicissitudini e spostamenti: dalla Congregazione della Carità furono affidati al Museo Diocesano, poi furono esposti al Museo delle ceramiche di Castelli per tornare al Museo Nazionale dove rimasero custoditi in casse, il terremoto del 2009 li ha visti di nuovo in movimento verso Celano dove sono stati al centro di una mostra terminata a gennaio di quest’anno.
Ci domandiamo quanto la Comunità di Lucoli conosca di quest’opera d’arte che è stata ammirata nelle sue molteplici esposizioni da molti estimatori competenti e che viene reputata una delle opere più originali dell’artista, soprattutto per i fasci di fiori dipinti con particolare naturalismo e per i cartigli con gli inni a Cristo ed a Maria che “le sapienti obreggiature fanno sembrare sospinti dal vento”. Francesco Antonio Saverio Grue aveva la principale capacità di saper rappresentare attraverso i suoi decori le storie in termini di racconto, come lo definisce la Arbace è un “cantastorie della maiolica, autore di composizioni dai mille dettagli e dalle tante sottolineature”.
Sarebbe bello se i lucolani potessero acquisire l’orgoglio della cittadinanza di quest’opera visto che il pannello ceramico per diversi secoli ha fatto parte della tradizione locale sia di culto sia storico artistica.
La predica di San Francesco Saverio in India |
Luciana Arbace, autore del libro dal quale sono state desunte le notizie sul Paliotto di Lucoli, è storico dell’arte già Direttore e Coordinatore presso la soprintendenza BAP – PSAE di Napoli e provincia è ora Soprintendente per l’Abruzzo, tra le sue riconosciute competenze quelle della ricerca nel settore della maiolica.
Tutte le immagini presentate in questo articolo sono state gentilmente concesse dal Ministero per i Beni e le Attività culturali – Soprintendenza per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico per l’Abruzzo di L’Aquila, si fa divieto di riproduzione con qualsiasi mezzo delle stesse.
Periodicamente sui giornali locali si parla di animali vaganti nel territorio di Lucoli quasi sempre in occasione di situazioni spiacevoli, negative, di incidenti stradali, l’ultimo di due giorni fa.
Gli animali rimangono feriti e nei casi più gravi, per abbaterli si rasenta la farsa attendista: l’iniezione letale ne rovina la carne non più commestibile e quindi è meglio che muoiano senza aiuto, tra enormi sofferenze.
Siamo stati testimoni angosciati qualche tempo fa di un episodio che vedeva colpito un puledro, agonizzante da dodici ore al Valico della Crocetta, e solo le nostre decise proteste hanno portato all’abbattimento dell’animale.
Il pascolo abusivo sull’altopiano di Campo Felice a Lucoli (AQ) è sempre attivo con nuove introduzioni di equini e bovini la maggior parte di provenienza illegale.
Molte le denuce del Corpo Forestale dello Stato del Comando Provinciale di l’Aquila, che interviene per dare esecuzione all’Ordinanza del Sindaco di Lucoli che dispone la cattura degli animali per i pericoli derivanti alla circolazione stradale.
I Forestali del Comando Stazione di Lucoli, unitamente al reparto a cavallo del CFS di L’Aquila, sono intervenuti ed interverranno generalmente in prossimità della Statale 696 nel tratto che collega Campo Felice allo svincolo autostradale della A24.
Ma chi sta dalla parte degli animali?
Fino a quando potrà durare tutto ciò? Risulta (notizie di settembre) che per i precedenti rastrellamenti nessuna Associazione animalista si è messa in contatto con il Comune di Lucoli per provare a riscattare i poveri animali le cui spese di mantenimento presso la stalla di un privato, si aggiravano intorno ai 120 euro al giorno cadauno, ivi compresi i costi di guardiania. Dei cavalli catturati lo scorso luglio, solo in pochi sono tornati ai padroni. Si trattava degli animali microchippati ed i proprietari sono stati denunciati per pascolo abusivo.
Al momento tutti i cavalli sono stati collocati o venduti all’asta.
Al momento tutti i cavalli sono stati collocati o venduti all’asta.
Ai proprietari rintracciati sono state anche contestate le sanzioni amministrative derivanti dalle numerosi violazioni del regolamento di Polizia Veterinaria ed ammontanti a circa 9000 euro per mancata vaccinazione, omessa microcippatura, etc. Ci sono poi le spese di mantenimento.
Tratto da Agenzia “GeaPress” (http://www.geapress.org/allevamenti-2/randagismo-equino-nuova-cattura-di-cavalli-in-abruzzo-fotogallery/18029).
Il pastore-allevatore è quasi un “ladro d’erba” ….dalla notte dei tempi. Nulla di nuovo sotto il sole, nonostante i microchip e le concessioni di pascolo legali, le abitudini sono sempre le stesse, al limite della legalità (se poi ci sono da pagare le tasse dichiarando il possesso degli armenti microchippati) e la presenza massiccia soprattutto dei cavalli sul territorio lucolano non si è risolta con i due sequestri eseguiti dal Corpo Forestale durante l’estate.
Gli animali sono ancora lasciati per mesi senza alcuna custodia al pascolo libero, i proprietari secondo le notizie della stampa sono soprattutto gli allevatori dell’Aquilano, della Marsica e del Lazio. Cavalli e bovini, quindi, sono i pratogonisti del pascolo abusivo a basso costo: nessuna microchippatura e, pertanto, totale impossibilità di rintracciare i proprietari. Questi ultimi, nel caso, dovrebbero rispondere del reato di cui all’art. 636 del Codice Penale (introduzione o abbandono di animali nel fondo altrui e pascolo abusivo).
La morte del cavallo di una “botticella”
(un cavallo di città ma quelli di Campo Felice stanno meglio?)
Non ricordo da quanto tempo sono qui. Un giorno, forse. O forse è passata solo qualche ora. Ma che importanza ha, ormai? È tutto finito, finalmente. Sono finite le sofferenze, le botte, le iniezioni che mi facevano perché così potevo correre più veloce. Sono finite le frustate, le urla della gente che schiumava dalla rabbia per aver perso una scommessa, sono finiti per sempre gli inseguimenti con i motorini e le auto, che mi facevano da scorta per impedire a chiunque di intromettersi nella corsa.
(un cavallo di città ma quelli di Campo Felice stanno meglio?)
Non ricordo da quanto tempo sono qui. Un giorno, forse. O forse è passata solo qualche ora. Ma che importanza ha, ormai? È tutto finito, finalmente. Sono finite le sofferenze, le botte, le iniezioni che mi facevano perché così potevo correre più veloce. Sono finite le frustate, le urla della gente che schiumava dalla rabbia per aver perso una scommessa, sono finiti per sempre gli inseguimenti con i motorini e le auto, che mi facevano da scorta per impedire a chiunque di intromettersi nella corsa.
Non ricordo molto della mia morte. Ricordo che mi hanno portato via da quel luogo sudicio e asfittico in cui mi rinchiudevano dopo avermi fatto correre sulle strade di Palermo per scaricarmi qui sull’asfalto, accanto a un marciapiede, un luogo molto frequentato dalla gente. Mi guardano tutti, alcuni con incredulità, altri con orrore, glielo si vede dipinto negli occhi: bambini col gelato, mamme, innamorati, semplici curiosi. Qualcuno mi ha coperto con un lenzuolo, come testimonia la foto che vedete in pagina, scattata dai ragazzi di GeaPress, l’agenzia di stampa che si batte per l’affermazione dei diritti di tutti gli esseri viventi.
E, pensate, addirittura alcune guardie municipali mi stanno vegliando da diverse ore, in attesa che arrivi qualcuno a prendermi. Ho sentito che parlavano tra di loro, commentando il fatto che sono qui da tanto tempo per questioni burocratiche. Pare, infatti, che l’ufficio dell’assessorato comunale all’igiene, di domenica, sia chiuso, e io sono qui da sabato sera. D’altronde, la ditta a cui è stato affidato l’appalto per la rimozione delle carcasse di animali (anch’io, adesso, sono una carcassa) è stata avvertita con ritardo, in fondo è domenica anche per loro.
Dunque, sono qui da molto tempo, sembra addirittura da venti ore. Non me n’ero accorto.
Il tempo è una cosa strana: passa velocemente quando si è felici, quando si fa qualcosa che ci piace o ci diverte, mentre sembra non passare mai quando si sta male, quando si soffre, quando si aspetta qualcosa di terribile e ineluttabile. Proprio come quando mi tiravano fuori da quella gabbia di lamiere, mi facevano indossare i finimenti, mi attaccavano al sulky e poi, via, la strada, i clacson, la frusta, gli zoccoli che si ferivano sull’asfalto…
Ecco, scusate, ma devo lasciarvi. È arrivato il camion che mi porterà via. Così la gente potrà tornare a passeggiare tranquillamente e a mangiare il gelato, perché un cavallo morto per strada, da queste parti, rovina gli affari.
Tratto da: http://cavallomagazine.quotidiano.net/cavallomagazine/2011/07/21/539445-quel_resta_giorno.shtml
Cavalli a Campo Felice |
I rovi tagliati ed i detriti organici bruciati |
Vecchi e pericolosi fili di filo spinato tolti dal terreno |
Ribattitura del sentiero |
Marcatura del sentiero con pietre più grandi |
Si è ormai consolidata nel mondo del volontariato la necessità di sperimentare collaborazioni fra organizzazioni diverse, progettazioni comuni attraverso apporti specifici che, rispettando le identità di ciascuno, riescano a dare quelle risposte complesse di cui la realtà sociale di un territorio ha sempre più bisogno.
Siamo convinti che l’associazionismo rappresenti essenzialmente la presa d’atto, coraggiosa, che uniti si è più forti sia a livello locale (tra volontari che hanno lo stesso ideale di territorio e di solidarietà da perpretare) che a livello di associazioni (che si riuniscono, “coalizzano” per essere più incisive nel portare avanti progetti per le proprie Comunità).
E’ così che sono nati i primi piccoli passi in comune tra NoiXLucoli Onlus e l’Associazione Amici di San Michele.
Sabato 17 ottobre u.s. abbiamo lavorato insieme per la pulizia dello stradello che porta alla Chiesa rupestre di San Michele Arcangelo: bellissima mattinata passata a bonificare parte del vecchio percorso dai rovi, detriti ferrosi e plastiche.
Primo passo per un lavoro più complesso voluto dagli Amici di San Michele.
Ci auguriamo che sia anche un primo passo per collaborazioni più ampie sul territorio che abbiano la stessa finalità di lavorare per la valorizzazione dei beni comuni. Noi, proveremo ad esserci sempre.
9 ottobre 2011 la prima neve |
Renato Giardini e Donald Cushman |
Sotto la prima neve caduta ieri 9 ottobre è stata finalmente riparata la recinzione del Giardino della Memoria, danneggiata per vandalismo in agosto ed oggetto di un rovinoso incidente d’auto causato da un maturo guidatore il 29 settembre u.s..
Come sempre la solidarietà non ha confini, i pali da sostituire ci sono stati regalati da Don Cushman, apprezzato scrittore di San Francisco (USA), che ha anche lavorato con i nostri soci alle riparazioni.
Grazie! Il Giardino è di nuovo in ordine.
Scriviamo tutto questo per far capire quanto sia bello interessarsi dei progetti e dei beni comuni e come ci sarebbe invece bisogno di un maggiore interessamento locale, per fare Comunità, per amare ciò che di bello si possiede.
Gli stranieri, ma anche gli italiani di molte altre regioni, che non hanno mai visto Lucoli, hanno ben compreso questa etica aiutandoci e coinvolgendosi con passione.
Gli stranieri, ma anche gli italiani di molte altre regioni, che non hanno mai visto Lucoli, hanno ben compreso questa etica aiutandoci e coinvolgendosi con passione.
Vogliamo dedicare delle parole speciali per Renato Giardini: grande “poeta” della pietra. Le pietre per Renato hanno lo stesso fascino che avevano per Ungaretti che ci scriveva poesie bellissime intorno, colorandole di sentimenti profondi.
Renato, insieme al gatto “Accollo” (parola di slang romanesco che è stata attribuita come nome al gatto dell’Abbazia, perchè se ti aggancia ti segue ovunque affettuosamente, quindi si “accolla”) è divenuto un apprezzatissimo custode del Giardino della Memoria, per il quale sta lavorando con composizioni artistiche fatte con le pietre.
Renato, insieme al gatto “Accollo” (parola di slang romanesco che è stata attribuita come nome al gatto dell’Abbazia, perchè se ti aggancia ti segue ovunque affettuosamente, quindi si “accolla”) è divenuto un apprezzatissimo custode del Giardino della Memoria, per il quale sta lavorando con composizioni artistiche fatte con le pietre.
Renato, circonda le aiuole con pietre simmetriche e della medesima colorazione, che pone con precisione scrupolosa e che fanno pensare a dei fiori. Le sceglie attentamente in montagna, le porta e le compone artisticamente: è questo un atto di grande amore, di grande vicinananza al nostro pensiero verso le vittime del terremoto e ad un luogo speciale com’è L’Abbazia di San Giovanni Battista.
La nostra sta diventando una catena umana fatta di piccoli gesti e contributi, animati da sentimenti: Renato, insieme a Marcello, Fabrizio e a Don Nicola, hanno collocato delle nuove pietre, come delle piccole colonne e queste si sono successivamente popolate di vasi di fiori, i fiori sono accuditi da volontari silenziosi ed invisibili: il Giardino è veramente un luogo speciale!
Una delle pietre posizionate da Renato Giardini ed i fiori |
Il gatto “Accollo” nel suo giro di “guardia”, bellissimo maschio di soriano: vive con la carità di quanti lo nutrono |
“Accollo” in un momento di meditazione |
I donatori della pianta Silvana Petricone e Giuseppe Burgo |
La pianta nel Giardino della Memoria
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Fiori di pesco |
Pesca Platycarpa |
Prunus persica Varietà Pesca Piatta o Platipesca o Platicarpa.
Pesco piatto (platicarpa) antica varietà curiosa e particolare, rustica, a frutto medio-piccolo, a forma di disco con polpa dolcissima, aromatica, spicca, fondente.
E’ caratterizzata da una produzione abbondantissima. Matura a fine agosto.
La pianta del Giardino della Memoria è stata adottata da Silvana Petricone e Giuseppe Burgo originari del Colle, ha fatto un solo frutto….. che hanno mangiato gli uccelli…..il prossimo anno recupererà!
Le pesche piatte (platipesche, saturnine o tabacchiere) rappresentano una tipologia di pesco a frutto di forma schiacciata. Però pesche con questa forma insolita non sono una novità: in alcune zone sono conosciute da decenni (forse da secoli), ma ultimamente si è risvegliato un grande interesse sia produttivo che commerciale nei loro confronti.
I mercati mondiali, infatti, stanno mostrando un sensibile aumento dell’interesse per questo tipo di varietà che normalmente presenta elevate caratteristiche organolettiche, facilità di consumo, facilità d’imballo e quindi di trasporto e commercializzazione. Il successo però che stanno riscuotendo è anche legato ad un processo d’innovazione varietale e di miglioramento genetico che negli ultimi anni si è sviluppato. In questo modo si sono costituite varietà che migliorano le precedenti in alcune caratteristiche che ne limitavano la diffusione. Le antiche varietà (come quella del Giardino della Memoria) presentano difetti quali la costante presenza di spaccature alla base del frutto con perdita di succo, il distacco alla raccolta di parti di buccia e di polpa per mezzo del peduncolo e spesso la modesta produttività.
La Sezione di Pomologia e miglioramento genetico del Cra – Centro di ricerca in frutticoltura Roma ha già introdotto 9 cultivar di pesche a polpa piatta (Prunus persica var. platicarpa) denominate UFO, tale specie è caratterizzata oltre che dall’insolito aspetto del frutto schiacciato ai poli, da caratteristiche organolettiche gustative quale sapore, dolcezza e aromi, particolarmente apprezzati.
Proprietà e valori nutrizionali
La pesca è un frutto rivitalizzante. Ha un buon contenuto di vitamine A e C.
E’ lassativa e diuretica. Svolge un’azione depurativa che si manifesta con l’incremento della funzionalità dei reni e dell’intestino.
E’ uno dei frutti meglio tollerati dallo stomaco, consigliata persino nelle alterazioni della funzione digestiva.
E’ particolarmente indicata per chi soffre di disturbi artritici e gottosi.
Le foglie, i fiori e la mandorla del nocciolo contengono una sostanza chimica che libera acido cianidrico, pertanto non vanno mangiati, sono velenosi e quindi molto pericolosi. Per questo è bene mettere in guardia i bambini e adulti.
E’ bene mangiare le pesche lontano dai pasti perché, come tutta la frutta, non facilitano la digestione se mangiate alla fine del pranzo.
Controindicazioni
Deve essere consumata con moderazione in caso di diabete, ulcera gastroduodenale, gastroenterocolite.
Si consiglia di non darla ai bambini nei primi anni di vita perchè può scatenare crisi allergiche.
Cosmesi fai-da-te Per la pelle del viso.
– La polpa di una pesca matura, schiacciata e applicata sul viso, è una vera maschera di bellezza, estremamente benefica per pelli secche, delicate e sensibili.
– Frullando la polpa di una pesca matura con l’aggiunta di panna liquida si ottiene una maschera per il viso con azione idratante e leggermente esfoliante.
– Il succo viene usato per lozioni che attenuano le macchie cutanee.
– Con le foglie di pesco in infusione nel latte caldo si fa una crema di bellezza, che dona al viso l’incarnato dei meravigliosi frutti.
Per i capelli.
E’ utile come impacco pre-shampo (pesche schiacciate e ridotte a crema, con aggiunta di argilla verde e succo di limone) in quanto, i suoi acidi, riequilibrano la secrezione sebacea e danno volume e salute soprattutto ai capelli grassi
Curiosità
Il nome: detta anche pomo persico o pomo di Persia. Abbreviazione di “persica”, dal Latino “persicum”= frutto persiano. Il frutto in italiano viene distinto dalla “pesca” intesa come sport (pésca) dall’accento grave: pèsca.
Cenni storici
La pesca veniva citata dai greci e dai latini come il frutto di Persia, la cui introduzione nell’area ellenica si faceva risalire ai tempi di Alessandro Magno che di ritorno dalle sue campagne asiatiche, portò in patria alcune piante di pesco.
La pesca veniva citata dai greci e dai latini come il frutto di Persia, la cui introduzione nell’area ellenica si faceva risalire ai tempi di Alessandro Magno che di ritorno dalle sue campagne asiatiche, portò in patria alcune piante di pesco.
In Egitto, la pesca era sacra ad Arpocrate, dio del silenzio e dell’infanzia, tanto che ancora oggi le guance dei bambini vengono paragonate alle pesche, per la loro morbidezza e carnosità.
Il frutto arrivò a Roma nel I secolo d.C.
Nei dialetti italiani Abruzzo: bricòche, pricoc, pricoc’ (Pescara). Basilicata: pr’kuok.
È considerato simbolo di immortalità in Cina, perché preserva il corpo dalla corruzione. Le foglie tritate, poste sull’ombelico, ammazzano i vermi. Se si soffre di febbri intermittenti, occorre alzarsi di notte ed abbracciare il tronco di un pesco, che sia fiorito: si guarirà certamente, ma si ammalerà, il pesco……..
Parzialmente tratto da: http://www.alimentipedia.it/Frutta/Frutta_pesca.html
In cucina: pesche ripiene di cioccolato bagnate nell’alchermes
Ingredienti:
500 g. farina
3 uova
150 g. burro
150 g. zucchero
1 bustina di lievito per dolci
Latte q.b.
Nutella q.b.
Alchermes q.b.
Preparazione:
In una ciotola riunite la farina, il lievito, lo zucchero e amalgamate bene il tutto.
In un altro recipiente sbattete le uova.
Sciogliete il burro a fuoco basso, e una volta raffreddato, unitelo alle uova sbattute.
Mischiate i due impasti mettendo a cucchiaiate il composto di farina in quello dell’uovo, avendo cura di amalgamare bene il tutto.
Il risultato finale deve essere un impasto morbido e colloso (aggiungere il latte ogni volta che l’impasto risultasse troppo duro), prendendone un po’ con il cucchiaio e riversandolo nella ciotola deve rimanere in superficie senza affondare nella massa.
Riempire la tasca da pasticcere (in mancanza della tasca da pasticcere potete usare anche un cucchiaino da tè) con l’impasto e depositare sulla placca del forno (rivestita di carta forno) tanti ciuffetti ben distanziati tra loro.
Scaldate il forno a 180° e infornate le prime peschette per 8 minuti, al termine della cottura le peschette devono essere pallide sopra e colorate sotto.
Tutte le infornate seguenti devono cuocere in forno solo per 5 minuti, perché il forno man mano diventa più caldo e rischiate di bruciarle.
Una volta che le pesche si sono raffreddate, raschiate con la lama di un coltello il fondo colorato, in questo modo la farcitura aderirà meglio.
A questo punto prendete una metà, spalmatela con un cucchiaino di Nutella e unitela ad un’altra metà.
La pianta del Giardino della Memoria. I fiori che la avvolgono sono di convolvolo. |
Questa antica varietà è chiamata anche Garofana o Cipollina, deve il suo nome alla forma schiacciata e alla buccia di colore striato che ricordano appunto una cipolla. La sua polpa è bianco crema, tenera, fondente, profumata e succosa, di sapore leggermente acidulo, poco dolce.
Origine e diffusione: diffusa nel centro Italia.
Albero: vigoria elevata, portamento espanso, fruttifica prevalentemente su lamburde.
Fenologia: epoca di fioritura media ( prima decade di maggio); epoca di raccolta media-tardiva (seconda decade di ottobre).
Frutto: Forma appiattita, profilo trasversale costoluto, irregolare; buccia liscia, sottile, unta a maturazione, di colore verde-giallo, sovraccolore rosso- rosa 60 % della superficie, lenticelle numerose di colore giallo; pezzatura media, peso medio 150 g.
Fiore
Corolla grande, petali ellissoidali, bianco-rosati, sovrapposti (lunghezza 25 mm, larghezza 18 mm).
Ricetta: Pasticcio di cipolle e mele (non siamo riusciti a trovare una ricetta specifica con la mela a cipolla).
Categoria: Antipasti di terra
Tempo preparazione: 30 Min
Cottura: 1 Ora
Pronta In: 1 Ora 30 Min
Difficoltà: Media
Dose: 4 persone
Stagione: inverno
Saporita e particolare torta salata preparata con una morbida pasta brisée farcita con strati alternati di fettine di mele renette, rondelle e crema di cipolla e panna da cucina, aromatizzati da una pioggia di polvere di spezie miste e salvia tritata. Può essere utilizzata come dolce natalizio, cone decori da fare con i ritagli di pasta si può creare un simpatico tocco natalizio che uniti al gusto di questo straordinario piatto, appagheranno sia il palato che la vista dei vostri commensali.
Ingredienti:
Pasta brisée, 300g
Cipolle, 500g
Mele renette, 500g
Panna da cucina, 3 cucchiai
Salvia tritata fine, 2 cucchiaini
Spezie miste, 1 pizzico
Sale
Pepe
Lavorazione:
Stendete la pasta sottilmente e con questa foderatevi uno stampo per tortini del diametro di circa 18cm (conservate circa un terzo della pasta per dopo).
Tagliate le mele a fettine sottili e sistematevi uno strato sulla pasta. Continuate con uno strato di cipolla in parte a fettine e in parte tritata, spolverate con salvia, sale, pepe e spezie. Alternate gli strati fino a concludere con uno di panna; ricoprite il tutto con una sfoglia creata con parte della pasta avanzata, decorate con ritagli di pasta dal motivo natalizio (stelline, alberelli di natale, ecc.) e cuocete in forno caldo a 190° per circa un’ora.
Tratto da www.chicucina.it
Colle di Lucoli: il tempo si è fermato al 6 aprile 2009 |
La Fonte Locusù: la Frazione ha solo due abitanti ma alla fonte ci sono sempre molti ragazzi |
Cominciamo dalla Fonte e prendendo spunto dalla scritta ridiamo vita al Colle! |
Le fontane, nel corso dei secoli, hanno sempre avuto molteplici finalità: funzionale, come mezzo di distribuzione dell’acqua, decorativa ed aggregativa. Oggi, in un’ottica urbanistica, non si realizzano più lavatoi e abbeveratoi ed è sopravvissuto il solo aspetto decorativo: le fontane sono diventate principalmente fulcri di arredo urbano rafforzando al tempo stesso anche l’elemento aggregante. In Abruzzo, regione in cui la natura si è conservata pressoché intatta, le acque e le fonti hanno sempre avuto un ruolo significativo. Certo in passato la funzionalità era l’elemento fondamentale – si pensi agli abbeveratoi e ai lavatoi – che ovunque avevano un ruolo centrale nella società e costituivano un punto di riferimento per due figure significative, il pastore e la lavandaia, il fattore estetico subentrerà successivamente con l’applicazione di fregi e decorazioni, e trasformerà le fontane in elementi urbani.
Lavandaie abruzzesi |
In ogni paese dell’Abruzzo ci sono fontane che raccontano vicende storiche, feste tradizionali, chiacchericci e che, oggi come quella del Colle, con la loro “voce” sono rimaste, nei borghi abbandonati, l’unico elemento vitale.
Ma per la Fonte “Locusu'”, nonostante il terremoto, sembra non prospettarsi lo stesso destino.
La fonte di Locosù è uno degli elementi architettonici più importanti del Colle insieme alla Chiesa della Beata Cristina (assolutamente inagibile dopo il sisma). Si chiama così poiché sorge sul lato alto della montagna. L’acqua che vi scorre è di sorgente e dicono che in inverno sia calda e d’estate sia fredda.
Questa Fonte viene chiamata anche “Fonte dell’amore” perchè i ragazzi del paese, oggi uomini maturi, potevano vedere le loro fidanzate soltanto quando si recavano a raccogliere l’acqua. Altre storie vi sono legate, come quella raccontata da Roberto, che ragazzino, volle incendiare l’acqua della fontana versandovi alcool e dandogli fuoco, forse qualcuno gridò al maleficio.
Anche ora, nonostante la desertificazione del Colle, per un fascino attrattivo la fontana attira ancora i ragazzi che vi sostano, chiaccherando, sentendo musica, facendo pic nic, in ogni modo vivendola.
E’ bellissima la scritta che abbiamo fotografato, che qualcuno ha rifatto (ne esisteva un’altra già pre-terremoto) sull’intonaco bianco a testimoniare la voglia di non lasciar morire questo luogo, con tutto ciò che ha significato in termini di incontro, di vita quotidiana, di tradizione, di spirito vitale di un paese.
Partendo dalla Fonte, dal nostro passato, la scritta ci sprona forse a mantenere il presente e costruire il futuro del dopo terremoto.
Tutto questo ci sembra difficilissimo se non impossibile…….guardando il futuro con gli occhi disincantati ed un poco cinici di chi sa “come va il mondo”.
E’ bellissima la scritta che abbiamo fotografato, che qualcuno ha rifatto (ne esisteva un’altra già pre-terremoto) sull’intonaco bianco a testimoniare la voglia di non lasciar morire questo luogo, con tutto ciò che ha significato in termini di incontro, di vita quotidiana, di tradizione, di spirito vitale di un paese.
Partendo dalla Fonte, dal nostro passato, la scritta ci sprona forse a mantenere il presente e costruire il futuro del dopo terremoto.
Tutto questo ci sembra difficilissimo se non impossibile…….guardando il futuro con gli occhi disincantati ed un poco cinici di chi sa “come va il mondo”.
I ragazzi non sono ancora corazzati di fronte alla vita ed alle sue dolorose battute di arresto, hanno un atteggiamento positivo verso il futuro, forse ci possono aiutare a ricominciare proprio con una scritta.
Grazie.
Grazie.