Chi tra gli abitanti di Lucoli volesse unirsi a noi per riparare ciò che è stato danneggiato sarà fraternamente ben accettato.
Grazie.
Giampietro era di Lucoli ed ha passato la sua infanzia a Colle, molti anziani del paese ricordano il terribile “trio” composto da Giampietro, Marcello e Valter. Col tempo le loro vite si sono separate, ognuno per la sua strada professionale chi a Pescara, l’Aquila o Roma, ma l’amicizia è rimasta nel cuore ed è per questo che gli “amici del Colle” volevano da tanto tempo realizzare un atto simbolico che potesse ricordare, proprio nella Frazione, la vita di Giampietro, stroncata in un modo così ingiusto.
La mela Gelata è una pianta diffusa nel centro e sud Italia ed è stata citata dai pomologi Gallesio (1817-39), Molon (1901), Tamaro (1929).
Una mela Diacciata, di caratteristiche simili, è raffigurata in un quadro del Bimbi alla fine del XVII° secolo e viene descritta dal Micheli, che ne riporta la caratteristica vitrescenza del frutto: ‘maculis vitreis foris et intus notato’ (Bignami e Rosati). La mela Gelata rappresentava fino al 1964 il 20% della produzione in Abruzzo e Molise ed il 9% di quella siciliana. Probabile sinonimo è anche ‘Iaccia’, denominazione ancora oggi utilizzata in Molise. Oggi essa può definirsi in via di estinzione, perché riscontrabile solo in qualche esemplare sparso o in piccoli frutteti specializzati, presso coltivatori amatori. La mela Gelata con le sue diverse denominazioni locali: Oleata, Diacciata, Cera, è caratterizzata dal presentare la polpa con zone vitrescenti e la buccia cerosa; caratteristiche da cui probabilmente sono derivate le varie denominazioni locali attribuitele. La Gelata è ottima da consumare fresca, per la spiccata fragranza e croccantezza dei frutti appena raccolti, conferitale anche dalla caratteristica “vitrescenza” della polpa. Questa fisiopatia, che di norma è un aspetto negativo su altri frutti, sulla Gelata conferisce una ulteriore caratterizzazione del gusto.
UTILIZZAZIONE ALIMENTARE
COLTIVAZIONE
La coltivazione è di tipo tradizionale.
La raccolta vien fatta manualmente in ottobre.
NOTE
E’ detta “zitella” per la sua maturazione tardiva e l’elevata serbevolezza. La buccia è di colore giallo citrino con sfumature rosse, abbastanza sottile, liscia, lucente e molto untuosa. Il frutto ha pezzatura media rotondeggiante, schiacciato ai poli con polpa bianco-nivea, molto croccante, semi-succosa, dolce o molto dolce, lievemente profumata. L’albero ha buona vigoria e rusticità. Questa un tempo era una cultivar un tempo largamente diffusa, assieme ad altre varietà tradizionali. La sua polpa bianca, compatta e croccante, è molto succosa e ha un sapore dolce e aromatico. L’albero ha dei rami corti con portamento compatto, e risulta molto produttivo con tendenza all’alternanza se non viene potato in modo appropriato.
Viene consumata fresca o cotta.
COLTIVAZIONE
CURIOSITA’
NELLA CUCINA
RISOTTO CON LARDO E MELA ZITELLA
Ricetta tratta dalla rivista “Sale&Pepe” del novembre 2009.
Ingredienti:
500g riso vialone nano
1 mela zitella
45g lardo stagionato a fette
15g castagne lesse
40g provolone piccante
rosmarino
burro
liquore nocino
2 dadi
1l acqua
sale
Come più volte scritto il progetto botanico connesso alla relizzazione del Giardino della Memoria del sisma del 2009 dedicato alle vittime del terremoto d’Abruzzo si poneva l’obiettivo fondamentale della CONSERVAZIONE non solo della memoria dei “giusti”, ma della tradizione fruttifera dell’Abruzzo.
Il suo nome Viburnum, è di derivazione latina “viere” che significa intrecciare, in riferimento all’estrema flessibilità e tenacia dei suoi rami, tanto che quelli del Viburnum opulus erano utilizzati come scudisci.
CURIOSITA’
medicina: V. tinus L. contiene viburnina, saponina, tannini e salicilati, è usato per la cura di dolori mestruali, mal di testa e mal di denti, stati febbrili, è comunque una pianta tossica, l’utilizzo dev’essere sotto l’osservanza del farmacista. Nelle allergie la fitoterapia consiglia le sue gemme che regolano i meccanismi dello spasmo bronchiale e normalizzano la funzione respiratoria.
NELLA STORIA
Sia “viburnum” che “tinus” indicavano per i Romani delle piante: nei dizionari la prima indica dei generici viburni, la seconda il nome volgare con il quale è identificata questa pianta: la lentaggine, le fonti conosciute, sono di Virgilio. Nelle Georgiche (IV,112) usa il termine “tinos” e invita a piantare queste piante vicino agli alveari. Nelle Bucoliche (I,25) scrive “Questa città … di tanto ha innalzato il capo tra le altre, di quanto sono soliti (innalzarsi) i cipressi fra i flessuosi viburni.” Come appare evidente, in queste citazioni non c’è nulla che possa determinare con chiarezza la specie in questione, ma forse Linneo aveva anche altre fonti.
Si può citare un uso curioso del nome francese della pianta.
Nel calendario rivoluzionario francese, elaborato da una commissione scientifica e utilizzato in Francia dal 24 ottobre 1793 al 1° gennaio 1806 e poi durante la Comune di Parigi nel 1871 ogni nome di mese richiama un aspetto del clima o di momenti della vita contadina. I giorni di ciascun mese sono chiamati con il nome di piante, di animali o di attrezzi contadini, inerenti a quel periodo dell’anno.
Così nel mese “pluviose” (piovoso), che corrispondeva al periodo che va da circa il 20 di gennaio al 20 di febbraio, il sesto giorno era chiamato Laurier Thym, che non è altro che il Viburno.
Gli antichi arcieri usavano frecce realizzate con legno di viburno (viburnum lantana), legno adatto a tale scopo per leggerezza e dirittura.NELLA LETTERATURA
“Sulla cima d’un colle verde d’erba tenera,
giunse Orfeo, e toccò le corde della cetra:
e subito d’intorno nacque l’ombra. E apparve la quercia
e l’albero delle Eliadi, e l’ischio dalle alte fronde,
il tiglio delicato, il faggio, il vergine lauro,
il fragile nocciòlo, il frassino utile per l’aste,
l’abete senza nodi, il leccio curvato dalle ghiande,
il platano felice, l’acero di vari colori,
il salice che vive lungo i fiumi e il loto delle acque,
il bosso sempre verde e l’umile tamerice,
il mìrto di due colori e il viburno dalle bacche cerule.
da “Cyparissus” di Salvatore Quasimodo
ORNITOLOGIA
In un interessante articolo apparso sul sito web “Galileo” si spiega che dei ricercatori americani avrebbero osservato su alcuni uccelli migratori che compiono lunghi viaggi nella migrazione stagionale che questi selezionano e mangiano grandi quantità di bacche scure, modificando le loro abitudini alimentari. Questa strategia sembra dettata dal fatto che questi frutti scuri siano ricchi di antiossidanti che facilitano il superamento dello stress che gli uccelli subiscono in quella delicata fase della loro esistenza. Questo indica che si cibano, tra le altre, di grandi quantità di bacche di Viburno.
Tratto in parte da: http://www.giardinaggio.it/