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Una delle fonti bibliografiche consultate
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VENANZIO LUPACCHINI CITTADINO ILLUSTRE DI LUCOLI. MA……. IN COSA SI E’ DISTINTO?
Venanzio Lupacchini è un cittadino illustre di Lucoli abbiamo cercato di sapere qualcosa in più sulla sua vita di studioso.
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Piano di ricostruzione della Frazione di Colle, in alto a sinistra, di colore giallo, la casa pericolante**. |
Se ‘nu picchero bbono tè ‘o fà
o t’urristi magnà ‘na cotoletta
quanno te scàppa tempo va a ttrovà
la moglie ‘e gliu Picciotto: Manoletta.
Abbita a lla Matonna. La casetta
tutta pittata, ventro, fòre e sotto
te sembra ‘na pittura cchjù perfetta
de ‘nu quatru assà celebbre de Ggiotto.
E’ tuttu gginuinu, tuttu allètta:
lo càsciu pizzicusu, la saucìccia
ju còre ccuscì rrosso ‘e Manoletta
‘na luce s’appiccia e s’arrappiccia.
Ngi sta ‘nu poch’ e tuttu: curtisìa,
‘nu mandulinu vecchio che Picciòtto
trasforma quasci sembre a ppuisia
che tte piagne, a sindìgliu, de bbotto.
Poesia tratta da la “limbarda”, versi dialettali di Francesco Di Gregorio.
Manola Masciocchi in Soldati è la protagonista di questi versi: classe 1926.
Manola, gran bella donna in gioventù, ha oggi gli occhi piccoli e vivaci, è minuta e forte come un pezzo di pietra. Sguardo colorato come la sua casa, impetuoso come il suo carattere, dolce come i suoi fiori. Figlia di contadini, di quelli che la terra non la coltivavano solo: la ascoltavano, ne percepivano il sapore, gli odori e i colori che solo la terra d’Abruzzo riesce a concedere. E’ figlia di una generazione con l’orgoglio in tasca, pronta a combattere la solitudine delle montagne e capace di regalare attimi di incoscienza e felicità dentro l’aridità della vita dura che ha sempre caratterizzato questa terra d’Abruzzo. Appartiene alla generazione dei nostri genitori che tanto ha lavorato e costruito a Lucoli e che ci ha lasciato la responsabilità di questa terra affinchè la potessimo consegnare ai nostri figli.
Manola, è rimasta senza il “Picciòtto” e vive con la tenacia e la grinta di sempre, questo tempo della sua vita.
Ci si è messo anche il terremoto che l’ha fatta temporaneamente scasare ed una brutta caduta dalle scale che la costringe all’immobilità e la rende irrequieta, perchè lei proprio ferma non ci sa stare, ma i suoi occhi vividi sono sempre protagonisti dentro a questa terra con cui ha convissuto, amato e che vuole continuare ad assaporare.
A Manola dedichiamo questi versi scritti per lei da una grande uomo di Lucoli, per farle un dono e perchè tutti i lettori di questo blog la pensino con affetto in questo suo momento di difficoltà.
Manola, già donna, è la prima a destra a fianco della sorella Lilia |
Tanti auguri di pronta guarigione da tutti noi ad una donna che ha costruito con la sua vita e la sua famiglia sprazzi colorati e profondi di cultura locale.
La Chiesa di San Michele e lo stradello illuminato dalle torce |
L’altare delle Chiesa. Il “Paliotto di Lucoli” con le maioliche rimaste e custodite al Museo Nazionale dell’Aquila è simbolicamente tornato sull’altare per il quale fu costruito nel 1713 da Saverio Antonio Grue, ceramista di Castelli. Le foto sono state gentilmente concesse dalla Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici dell’Abruzzo |
Finita la Santa Messa si prepara la fiaccolata per la discesa a Vado Lucoli |
Neve ghiacciata e percorso accidentato, grande prova, ma miracolosamente tutti sono arrivati salvi a Vado Lucoli |
L’anno vecchio viene bruciato e mai più ritornerà |
Tutte gli eventi brutti dell’anno bruciano simbolicamente con il fantoccio |
Tante le persone presenti
Il fuoco del fantoccio dell’anno vecchio ci ricorda una bellissima poesia di Francesco Di Gregorio: “La Limbarda” che dedichiamo a tutti i lettori di questo blog, affinchè la fiamma del camino riscaldi il cuore di ognuno per il nuovo anno.
La Limbarda (la fiamma del camino)
Vicinu alla limbarda quann’è ssera
gni ttandu me ngucuglio a rescallamme,
me bbasta ‘nu momendo pé scrollamme
de st’aria fredda che gni ddone fera.
Ma nò nte oglio bbene pé stu fattu
fiammella che scupjitti a gliu caminu!
Tu me rescalli ncore ‘nu suspiru
‘nu sogno conzervatu sembre ntattu.
E’ vvero che la mota t’à cassata;
sò stufe d’ogni fforma e de la manera
che scallanu ‘ggi giorno gni ccasata;
ma quanno ch’è dd’inverno e vvè la sera
soio vicinu a tti, limbarda amata,
me ss’arrappiccia ncore poca spera.
Poesia di Francesco Di Gregorio, La Limbarda, versi dialettali 1960-1966. La Bodoniana Tipografica L’Aquila 1970.
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Bellissimo filmato realizzato nel 2006 da Que Nova News sull’evento
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La Chiesa di San Michele Arcangelo di notte
Sono più di dieci anni che l’Associazione Amici di San Michele di Vado Lucoli, insieme al Parroco per gli aspetti religiosi, organizzano questo evento suggestivo, prima la Santa Messa nella piccola Chiesa sulla collina e poi, per la discesa, una fiaccolata. Al ritorno nella Frazione, sulla piazza di Vado Lucoli, verrà bruciato in un falò un fantoccio che rappresenta l’anno passato.
Quest’anno i soci hanno lavorato per ripristinare lo stradello di accesso sulla collina invaso da rovi e pietre ed anche per costruire una staccionata di sicurezza; l’amore per questo luogo di culto e di grande bellezza paesaggistica ha catalizzato molte braccia per questa attività comunitaria, NoiXLucoli Onlus ha partecipato volentieri a qualche fase di lavoro. La manifestazione è suggestiva e senz’altro ha radici lontane, i partecipanti attivi alla Messa ed alla processione del ritorno, in quei momenti si sentono protagonisti di una vita diversa, si sentono parte di una Comunità come un anello di una catena che li unisce al vecchio e li proietta al nuovo. Questa dimensione sentimentale è ricordata ancora oggi in molti paesi dell’Abruzzo dove, per la forte emigrazione non c’e piu un ricambio generazionale e molti anziani si sentono defraudati del futuro perchè non vedono piu il ripetersi di riti antichi: le fiaccole nessuno le accende più, anche se sono ben vive nei loro ricordi di gioventù. La tradizione di questo evento coltivata dagli Amici di San Michele costituisce un bene culturale locale da salvaguardare e da proteggere, poliforme e straordinariamente fragile, trattandosi di un patrimonio non soltanto oggettuale ma largamente spirituale. L’attività organizzata ogni anno il 31 dicembre alimenta un bene comune che merita di essere partecipato da più persone possibili, proprio per costruire il senso della Comunità locale, minacciata come tante altre, dalla massificazione. La fiaccolata del ritorno, su di un terreno impervio, ha tante valenze antropologiche arcaiche: il fuoco nelle sue molteplici sfaccettature brucia, scalda, purifica, propizia, trasforma, distrugge, cancella, attira, ricrea, concentra, allontana, consuma, ispira, da energia, feconda, trasmuta, fonde, ma illumina anche il mondo, l’anima e la mente. Il fuoco ha una valenza molto contrastante, è utile ed è devastante, è santo ed e maledetto, illumina ma si disperde nel buio, scende dal cielo e riempie l’inferno. Il fuoco fonde i contrari. Il fuoco è considerato il mediatore tra il divino e l’umano per questo è stato usato in tutti i sacrifici agli dei ed è divenuto il simbolo della presenza divina. Nell’Aquilano era vivo nella tradizione delle feste natalizie l’uso della “‘ntossa”, è probabile che anche a Lucoli fosse presente e, le fiaccole di oggi, sono le eredi di questa. Ogni famiglia preparava la tradizionale torcia che vieniva ricavata munendosi di una cerquotta, ossia tagliando una piccola quercia ricavandone dal tronco dritto un grosso bastone della lunghezza minima di 150 cm, la cui sommità viniva aperta ad imbuto e inzeppata di altro legno fino a formarne una grossa estremità, che veniva fatta seccare in attesa della vigilia di Natale. Dato fuoco alle `ntosse, le famiglie, guidate dal piu giovane che portava in mano la caratteristica fiaccola, si avviano alla funzione religiosa. Giunti nei pressi della chiesa, le `ntosse venivano ammucchiate tutte in un punto in mezzo alla piazza del paese così da formare un ulteriore falò (tradizione citata per San Giovanni Valleroveto AQ). Si cita per interessanti approfondimenti l’opera di ricerca di Gabriele Tardio “I fuochi rituali nell’Italia centromeridionale“, in questo studio è anche riportata la tradizione lucolana del 31 dicembre realizzata a Vado Lucoli.
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We first went to Lucoli several years ago to meet our new friends, Fabrizio and Emanuela, for Sunday lunch. My son drove us out from L’Aquila. The road wound up into the hills and we were, very soon, in a beautiful verdant place. I was struck by how quiet the world became just a few miles from the city. After a long and delicious lunch in the Macondo Restaurant, that hugged the side of the road, in one of the small villages that make up Lucoli, we stopped at our friends family home. There, we climbed down a small incline to pick apples from trees in a little orchard overlooking a beautiful valley. Across the garden, we heard a dog bark as it kept a group of sheep together.
We did not return to Lucoli until 2010, a year after the earthquake. The land was still beautiful, although now achingly so, as it was marked by destruction. Whole towns lay in rubble, and so many buildings were boarded up and closed to inhabitants.
On that trip, I visited the Abby of St. John the Baptist and wondered if it would be possible to restore the damage that had been done to it. There was a mass taking place outside the Abby, and the lovely space where the Garden of Memory now is was filled with hundreds of Abruzzesi Communion went on for what seemed like forever. Priests were stationed throughout the grounds, and a procession of the faithful moved silently toward them to the sound of otherworldly singing. I knew then that the Abby, as well as the whole of Lucoli, would some day be restored.
That night, Dan and I marveled at how wonderful it was to see so many stars in the black sky. We fell asleep to the song of a nightingale. Sometime towards morning, an owl called.
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The meanings of the earthquake illustrated by objects placed on the window of the closed Church of the Blessed Cristina: candles to listen to the prayers, flowers, a safety helmet to protect from the earthquake, rosettes, there is a world of thoughts to be discovered in this place
Gillian e suo marito Dan Nevers sono americani del Wisconsin, hanno adottato un albero degli antichi pomari autoctoni del Giardino della Memoria come testimonianza dei loro sentimenti verso la Comunità abruzzese colpita dal terremoto, ci hanno scritto una bella testimonianza del loro viaggio a Lucoli che pubblichiamo.
Li ringraziamo del loro amore per Lucoli e li aspettiamo di nuovo, la prossima estate, per fargli provare altre indimenticabili esperienze di viaggio in questo territorio bellissimo.
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Un tramonto estivo foto di Gillian Nevers |
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Colombe: miniatura del bestiario medioevale intitolato “Fisiologo” |
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La colomba del Parroco – foto di Gianni Soldati
Le colombe inizialmente erano due: una non c’è più vittima di possibili predatori, animali ed umani (visto che a Lucoli la caccia è un’attività molto praticata).
Il senso biblico della colomba che forse il Parroco dell’Abbazia di San Giovanni Battista voleva evocare ci arriva comunque alla mente anche con uno solo di questi animali.
La colomba bianca è il simbolo di San Giovanni Battista, il precursore di Cristo, del quale egli stesso dice “in Verità vi dico, fra quanti sono nati di donna, non è mai esistito nessuno più grande di Giovanni Battista” (Lc. 16, 16).
C’è un testo antichissimo: il “Fisiologo” che codifica i significati degli animali. In esso sono raccontate tutte le nature degli animali, che l’uomo deve conoscere affinché ne possa trarre esempi di religione e di fede. Dalla versione più antica di questo testo, scritta in greco nel II-III secolo dC, ne deriveranno diverse e successive in latino. Da questo testo riportiamo alcuni spunti sulle colombe. Isidoro di Siviglia (VII sec. dC) nel suo Ethymologiae, fa derivare il nome di questo uccello dal suo collo, che cambia colore ogni volta che gira. Lo descrive come un uccello mansueto, che frequenta le case degli uomini. Gli antichi le chiamavano “uccelli di Venere”, perché frequentano assiduamente il nido e stimolano l’amore coi baci, ma sono anche caste, perché si accoppiano una volta sola. A proposito delle colombe è raccontata un’altra storia: c’è un albero in India il cui frutto è dolcissimo e gradevole. Le colombe amano riposarsi su questo albero e nutrirsi dei suoi frutti. Ma in questa storia c’è anche un drago, che è tanto temuto dalle colombe quanto questi teme l’albero, al punto che non osa avvicinarsi nemmeno alla sua ombra. Così, per insidiare le colombe, osserva l’albero: se proietta la sua ombra a destra, lui si sposta a sinistra e viceversa. Così le colombe, che temono il drago e conoscono la sua paura, stanno protette fra i suoi rami, sempre nella parte in ombra. A volte capita che qualcuna si sposti, solo allora il drago approfitta e la divora. L’albero è il Signore ed i fedeli sono le colombe, l’ombra dell’albero è lo Spirito santo, infatti l’arcangelo Gabriele dice alla Vergine: “ lo Spirito Santo verrà sopra di te e la potenza dell’altissimo ti coprirà della sua ombra” (Lc. 1, 35). Il messaggio morale contenuto nella storia è rivolto dunque al cristiano che deve perseverare nella fede di Dio e nella Chiesa e deve fare attenzione a non essere sorpreso fuori dall’albero (non cadere in tentazioni, non peccare), altrimenti il drago (diavolo) subito lo divorerà, come successe a Giuda.
Le nostre vite fatte di mille incombenze che scaturiscono da necessità materiali che ci affannano e ci lasciano poco tempo per pensare ed osservare, non si giovano spesso di riflessioni sul significato religioso di una colomba e sul senso della sua bellezza su di un terreno innevato o su di un albero scheletrico, spogliato dal freddo inverno.
La vita dei sacerdoti, invece è fatta anche di studio, necessità che nasce dal silenzio, di cui è come una prosecuzione. Molta gente penserà che non è necessario studiare quando non ci sono più esami da dare, traguardi da raggiungere, quando premono attività e necessità, quando le comunità pastorali esigono tempo. Lo studio e la meditazione possono sembrare un’assenza di carità, che sottrae i sacerdoti alle ferite urgenti delle persone. Lo studio, invece, per un sacerdote è un lavoro che permette di assimilare quella scienza di Cristo e quella scienza dell’uomo che costituiscono il livello più alto e più interessante della conoscenza.
E’ per questo sapere ecclesiastico che le colombe sono arrivate a Lucoli e volavano sul cielo dell’Abbazia, differenziandosi con stupore dell’osservatore dal nero delle molte cornacchie, perchè traducevano con la loro vita ciò che le scritture avevano stabilito, per dare anche un messaggio ai frettolosi contemporanei.
E’ Natale e la colomba del Parroco, immortalata dalla macchina fotografica in una giornata invernale, ci ha donato il suo messaggio di morale cristiana oltre ad una sensazione di pura bellezza visiva per tutti i non credenti.
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La colomba con alle spalle il campanile della Chiesa della Beata Cristina |
E’ qualche anno che nel piccolo giardino di Casavecchia viene realizzato da adulti e bambini un bel presepe, attività corale comunitaria di rara manifestazione a Lucoli: protagonisti gli “Amici del presepe di Casavecchia”.
Il presepe allieta gli abitanti della Frazione ma anche tutti i passanti che trovano nel locale di Macondo un riferimento di ristoro nel paese e costituisce una manifestazione religiosa ed artistica originale.
La tradizione del presepe: il presepio come lo vediamo rappresentare ancor oggi nasce secondo la tradizione dal desiderio di San Francesco di far rivivere in uno scenario naturale la nascita di Betlemme coinvolgendo il popolo nella rievocazione che ebbe luogo a Greccio la notte di Natale del 1223, episodio rappresentato poi magistralmente da Giotto nell’affresco della Basilica Superiore di Assisi. Primo esempio di presepe inanimato è invece quello che Arnolfo di Carnbio scolpirà nel legno nel 1280 e del quale oggi si conservano le statue residue nella cripta della Cappella Sistina di S. Maria Maggiore in Roma. Da allora e fino alla metà del 1400 gli artisti producono statue di legno o terracotta che sistemano davanti a una pittura riproducente un paesaggio come sfondo alla scena della Natività, il tutto collocato all’interno delle chiese. Culla di tale attività artistica fu la Toscana ma ben presto il presepe si diffuse nel regno di Napoli ad opera di Carlo III di Borbone e nel resto degli Stati italiani.
Sono belle le parole del Papa Benedetto XVI sul presepe: “Costruire il Presepe in casa può rivelarsi un modo semplice, ma efficace di presentare la fede per trasmetterla ai propri figli. Il Presepe ci aiuta a contemplare il mistero dell’amore di Dio che si è rivelato nella povertà e nella semplicità della grotta di Betlemme. San Francesco d’Assisi fu così preso dal mistero dell’Incarnazione che volle riproporlo a Greccio nel Presepe vivente, divenendo il tal modo iniziatore di una lunga tradizione popolare che ancor oggi conserva il suo valore per l’evangelizzazione. Il Presepe può infatti aiutarci a capire il segreto del vero Natale, perché parla dell’umiltà e della bontà misericordiosa di Cristo, il quale “da ricco che era, si è fatto povero” (2 Cor 8,9) per noi. La sua povertà arricchisce chi la abbraccia e il Natale reca gioia e pace a coloro che, come i pastori a Betlemme, accolgono le parole dell’angelo: “Questo per voi il segno: un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia” (Lc 2,12). Questo rimane il segno, anche per noi, uomini e donne del Duemila. Non c’è altro Natale“.
Con queste bellissime parole ringraziamo gli “Amici del presepe di Casavecchia” per ciò che hanno fatto anche per noi, riscaldandoci il cuore ricordandoci il senso della pace tra gli uomini.
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Colle di Lucoli subito dopo il sisma del 2009: un gatto sbigottito |
Nella Frazione di Colle di Lucoli oltre alla Famiglia Giardini che vi risiede, sono rimasti solo i gatti, che fuggono impauriti allo sfrecciare delle macchine, perchè Corso Visconti è come se fosse un’autostrada…….(ci chiediamo se non fosse zona rossa in qualche sua parte).
I Gatti del Colle vivono, abbastanza affamati, infreddoliti ed inselvatichiti, aspettando il fine settimana e qualcuno premuroso che gli porti del cibo.
Sono i più fedeli abitanti di questa Frazione e forse ancora non capiscono perchè in giro non si veda più nessuno, magari i padroni o i nemici di un tempo (veniva infatti praticato un controllo delle nascite, ahinoi, delle vite già mature….. di tipo “nazista”).
Continuiamo a dispensare auguri natalizi inconsueti a chi non li ha mai avuti e regaliamo un pensiero affettuoso (e croccantini natalizi) a questi animali inconsapevolmente colpiti dal terremoto.
Dedichiamo un Buon Natale felino anche a loro: cliccate sul link!