Siamo divenuti ricercatori di pallet, gentilmente richiesti ai vari commercianti di l’Aquila e poi via di sega e martello per trasformarli in alberi tutti diversi tra loro.
L’ispirazione per questa giornata è stata fornita dall’Associazione Musicale Deltensemble che ringraziamo di cuore perché ci ha arricchiti.
Si voleva ricordare chi non c’era più: la salvaguardia della memoria dei luoghi è nelle nostre corde e molte delle nostre azioni convergono su questo valore. Il Giardino della Memoria del Sisma è l’emblema concreto di questo nostro pensiero, dedicato ad una tradizione agricola e culturale che scompare ed alle vittime del terremoto del 2009.
Il 1° novembre u.s. abbiamo, con rispetto, visitato il cimitero di San Giovanni a Lucoli, illuminato dalle fiammelle delle nostre candele. Il cimitero, luogo di storia, lì c’è tutto. I nostri parenti, tanti e tanto del nostro vivere. Chi abbiamo incontrato, chi non abbiamo mai visto, ma abbiamo sentito dire e raccontare. Di bene e di male. Nel cimitero ci sono legature e discordie. Segreti e disvelamenti. C’è tanto di vero, tanto di falso.
L’imbrunire faceva intravedere i fiori invadenti di plastica o discreti, arroganti o composti e le luci dei lumini votivi. E le tombe senza. Perché nessuno è rimasto a pregarle. Piangerle. Adorarle. O non può. Non vuole.
In processione abbiamo pregato per la comunità defunta che ha costruito e vissuto a Lucoli. Per le sue vicende. Per le sue conquiste. Per le sue cadute. Per le miserie e fragilità di ognuno e di tutti.
Una corona di fiori è stata deposta sulla tomba più sola e spoglia dove non resta neanche un nome.
In Abbazia è stato eseguito un recital con musiche, sapientemente eseguite e parole lette da tre di noi, pronunciate in un immaginario dialogo tra Santi, che osservavano il vivere della gente dall’alto della montagna. In ogni frase uno stimolo per il vivere il futuro, nel rispetto dell’umanità e dei suoi valori fondamentali.
Ci siamo sentiti un poco migliori nel donare queste riflessioni ad un uditorio partecipativo e commosso.
Ringraziamo il Professor Gianfranco Totani per aver ideato l’iniziativa.
La fine della stagione agricola, con gli ultimi raccolti dell’anno, si accompagnava in molte culture ai riti dedicati ai defunti. Così nella tradizione cristiana il 1 e il 2 di novembre si festeggiano i morti, così in molte altre religioni e tradizioni pagane la fine delle vitalità della natura coincide con il momento della commemorazione degli antenati.
In generale nelle case si accendevano candele che venivano, e in alcuni casi lo sono ancora, poste sui davanzali delle finestre. La luce fioca delle candele serve, seconde le credenze, a illuminare la strada alle anime dei defunti che nella notte tra il 1 e il 2 novembre percorrono in processione le vie dei paesi. Il percorso dai cimiteri sarebbe diretto verso una chiesa dove un prete, di spalle, celebrerebbe una messa in presenza delle anime dei defunti. E’ assolutamente da evitare di entrare in chiesa in questo frangente perchè le anime dei morti porterebbero con sè anche i vivi che, per curiosità o per devozione, dovessero assistere alla messa insieme ai morti.
In molti paesi d’Abruzzo era usanza appendere calze ai caminetti e lasciare la tavola imbandita nella notte tra il 1 e il 2 novembre, in modo che i parenti defunti potessero mangiare e lasciare dei doni ai bambini di famiglia, riempiendo le calze di frutta secca.
Infine, sempre durante la sera di Ognissanti, tra Pratola Peligna, Pettorano sul Gizio e anche a Serramonacesca i bambini solevano impiastricciarsi il viso di cenere e farina e recarsi di casa in casa a ricevere “il bene”, un’offerta a nome delle anime dei morti, dei quali imitavano le fattezze con i loro visi camuffati. Tra le formule utilizzate per farsi aprire, alla domanda “Chi è?” i bambini rispondevano “l’aneme de le morte”. La porta veniva aperta e si donava ai bimbi frutta secca e biscotti, in un rito scaramantico che voleva soddisfare le richieste dei defunti nel timore di maledizioni. Infatti la notte dei morti sarebbe frequentata non solo dagli spiriti dei cari di famiglia, ma anche da streghe che vagano tra i quartieri per rinnovare incantesimi e fatture.
Nel nostro voler “fare rete” collaborando con Associazioni dell’Abruzzo abbiamo accettato di organizzare un momento di riflessione a tutto campo su Lucoli e la sua Comunità passata e presente nell’Abbazia di San Giovanni Battista. Guidati dalla maestria dell’Associazione Musicale Deltensemble che eseguirà brani musicali contemporanei legati alla profondità e libertà dello spirito, leggeremo anche pensieri immaginari di figure religiose del passato legate a Lucoli, che ci osservano dall’altro di una montagna. Una trama originale che vedrà San Franco, San Giovanni e la Beata Cristina esprimersi sulla vita quotidiana della gente del territorio, a tutto campo.
Siamo consapevoli che non si può resistere alla desertificazione dei paesi e anche dei valori tradizionali senza la consapevolezza e il ricordo delle radici e proveremo a coinvolgere i fedeli in questo percorso, un poco surreale, di parole e musiche e non mancheranno le luci delle candele come da antica tradizione.
Sono molti coloro che non ci sono più da ricordare, la gente di Lucoli che ha vissuto nei paesi deserti e non ultime le vittime del terremoto del 2009 che “vivono” simbolicamente nel ricordo del Giardino della Memoria.
Ringraziamo i “Deltensemble” autori ed esecutori sopraffini di melodie emblematiche scelte su tema e che doneranno a Lucoli questa originale esperienza.
Partecipate a questa rappresentazione corale ideata con rispetto e profondo amore per chi non c’è più.
Il 20 luglio 2024 abbiamo organizzato un “salotto letterario” insieme agli amici di “l’Aquila Incontra” perché volevamo dare voce e valore alle storie delle persone che abitano i luoghi, significare le parole con cui si raccontano le comunità, per far contare Lucoli, i suoi paesaggi e le esperienze come quella della conservazione della biodiversità appenninica.
Al centro dei racconti, in parole e musica, lo “zampognaro” e naturalmente il Giardino della Memoria con le cultivar che custodisce.
Il nostro essere ecologi è l’istinto di aggrapparci a ciò che amiamo, di proteggerlo dall’oblio e dalla violenza di ciò che è “globale” e di costruire la nostra vita attorno ad esso. Il Giardino della Memora, come uno scrigno di frutti antichi è l’eredità che vogliamo lasciare a chi ancora non c’è qui con noi.
Anche la zampogna (e l’organetto), sapientemente suonata e spiegata dal maestro Raffaello Angelini rientra nel nostro concetto di bellezza ed è stata la grande protagonista dell’incontro.
Un salotto letterario per costruire nuovi legami tra le persone che sono il fondamento sul quale costruire e ricordare, a fatica, le cose belle che sono state tramandate dalle generazioni passate, perché possano essere apprezzate anche da quelle future. Se saltano i legami, la comunità perde senso. Attraverso la natura, le tradizioni, le radici locali si può ridare voce all’idea della bellezza come risorsa condivisa, fondo insostituibile di ‘capitale sociale’. La bellezza, hanno riconosciuto, funge da barriera alle brutalità dell’oblio o della cancellazione, dall’alto verso il basso, degli “ingegneri” sociali.
L’esperimento è riuscito grazie anche alla rete di amici che in tredici anni di attività NoiXLucoli ha guadagnato e con i quali collabora. Ringraziamo tutti coloro che hanno collaborato per realizzare questa bella attività.
Ringraziamo Sir Nicholas Young per essere tornato a Lucoli anni fa per ripercorrere i passi della fuga del padre Leslie verso Anzio. E’ in questo modo che abbiamo riportato alla contemporaneità l’evento accaduto ottanta anni fa.
In occasione della ricorrenza dello sbarco alleato ad Anzio è stata organizzata una conferenza alla quale abbiamo partecipato, davanti ai convegnisti delle forze alleate e all’ambasciatore tedesco sono stati citati i due paesi di Corvaro e Lucoli come esempio di solidarietà verso coloro che erano “nemici”.
Con noi tre ragazzi che hanno vissuto un evento internazionale ed hanno toccato con mano un episodio che è nella storia delle loro comunità.
Sir Nick Young, relatore, ha illustrato il diario della fuga del padre e l’attività del San Martino Trust nato per ringraziare gli italiani che aiutarono i 600 prigionieri evasi dal campo di prigionia.
Nella stessa giornata abbiamo reso omaggio ai caduti che riposano nel cimitero americano di Nettuno per ricordare e comprendere gli effetti devastanti di una guerra.
Sono passati sette anni da quando Nicholas Young venne a Lucoli e affisse volantini in molti luoghi per ringraziare la comunità locale per aver ospitato una notte suo padre che fuggiva da un campo di concentramento e ricercando nello stesso tempo la famiglia che lo fece. Gli rispondemmo, lo aiutammo, trovammo la famiglia e li mettemmo in contatto. Dedicammo un albero di mele del Giardino della Memoria al Maggiore Leslie Young suo padre. Lo scorso anno abbiamo ripercorso in jeep, insieme a Sir Nick Young, la via di fuga del padre, da Lucoli a Corvaro, sulle carrarecce di montagna. Abbiamo conosciuto un uomo di grandi valori, un giusto, una persona che dedica la sua vita a ricordare e ringraziare chi salvò il padre e gli permise quindi di nascere. Siamo migliorati dopo averlo conosciuto per l’umanità che esprime.
Nick Young è il Presidente dell’opera benefica del Monte San Martino Trust che vuole essere un ricordo permanente del grande coraggio, generosità e umanità dimostrati dal popolo italiano nell’aiutare i prigionieri di guerra evasi e i profughi politici e razziali dal 1943 al 1945.
Il suo nome deriva da un villaggio nelle Marche, nel nord Italia, una delle tante regioni in cui si trovavano i campi che ospitavano gli 80.000 prigionieri alleati catturati durante le campagne nel Mediterraneo e nel Nord Africa durante la Seconda Guerra Mondiale.
La Croce Rossa Internazionale ha riferito che in Italia esistevano 52 campi principali, serviti da 18 ospedali, e numerosi campi di lavoro. Nonostante il trasferimento di molti prigionieri in Germania in occasione dell’armistizio italiano dell’8 settembre 1943, fino a 50.000 uomini partirono per raggiungere la libertà: a nord verso la Svizzera o a centinaia di chilometri a sud verso le truppe alleate.
I cittadini italiani diedero agli uomini in fuga cibo, vestiti e riparo e li guidarono attraverso le linee verso la salvezza.
Quando Keith Killby fondò il Monte San Martino Trust nel 1989, lo fece con l’intenzione di “restituire qualcosa” agli italiani per il loro coraggio ed i sacrifici sostenuti per proteggere i prigionieri di guerra in fuga nelle campagne italiane.
Keith Killby, poi, insignito del titolo di Cavaliere Ufficiale dal Presidente della Repubblica Italiana, è riuscito nel suo intento: ogni anno circa 25 giovani italiani trascorrono un mese in Gran Bretagna con queste borse di studio.
NoiXLucoli ha riportato alla storia contemporanea il coraggio di una famiglia lucolana, che nascose due fuggitivi, un britannico e un neozelandese e così anche il territorio di Lucoli ha potuto segnalare giovani per le borse di studio in Gran Bretagna, la nostra Associazione si è occupata delle formalità.
Quest’anno abbiamo segnalato la giovane Michela di Casamaina, appena laureata in farmacia con il massimo dei voti. La sua contentezza è la nostra, anche per aver offerto un’opportunità ad una ragazza meritevole.
Il Trust è gestito interamente da volontari per minimizzare i costi. Quando il programma studenti iniziò ogni borsa costava al Trust 1.000 sterline, da spendere per un corso di studio in una scuola di lingua e l’alloggio presso una famiglia della zona. I costi si sono alzati negli anni, arrivando ad oggi a circa 2.500 sterline per borsa di studio. Tutti i fondi sono sempre stati reperiti tramite donazioni.
QUALCHE NOTIZIA SULLE SCUOLE FREQUENTATE DAI RAGAZZI
Il Trust manda i suoi studenti presso due eccellenti scuole di lingua con le quali ha da tempo stabilito ottime relazioni. Queste scuole sono la Central School (1 Tottenham Court Road, Londra), e CES Oxford House nel paese di Wheatley, a cinque miglia da Oxford. Michela ha frequentato la scuola di Oxford.
La diversa posizione delle due scuole – una nel cuore della capitale e l’altra in un bel villaggio di campagna ma comunque vicino alle attrattive di Oxford – consente una scelta. In entrambi i casi, un ottimo livello d’istruzione, a questo si aggiunge la compagnia di studenti provenienti da ogni parte del mondo, come si vede dalle foto inviateci da Michela. Entrambe le scuole credono nell’etica del Monte San Martino Trust. Il programma di studio nelle due scuole è di circa 25 ore a settimana e si conclude con il rilascio di un attestato: Michela ha conseguito un diploma di livello avanzato.
Lo chiamavano l’ultimo “cantore dell’Aquila” morì ad ottantasei anni e la sua famiglia era originaria di Lucoli Alto.
Ha lasciato dietro di sé un’eredità letteraria intrisa di emozione e riflessione. Nelle sue opere troviamo il paesaggio montano e la storia millenaria del territorio e i legami tra l’uomo, la terra e il tempo. La sua poetica era caratterizzata da un linguaggio semplice e carica di immagini vive della natura abruzzese e dell’esperienza umana. Ha celebrato la bellezza dei boschi e dei monti, ricordiamo il “Canto dei Monti” un vero inno alla loro maestosità.
Ci è stato proposto dall’Associazione “Deltensamble” di ricordarlo a Lucoli e noi abbiamo accettato con grande slancio, riportandolo in quel luogo, per noi oramai sacro, che è il Giardino della Memoria dove abbiamo concentrato il ricordo di molti e così abbiamo piantato un albero.
Piantare un albero è un gesto nobile qualunque sia lo scopo: aumentare le aree verdi del nostro territorio, produrre ossigeno, aumentare la biodiversità, abbellire il paesaggio.
Piantare un albero è una metafora della vita: l’albero che cresce, che affonda le radici nel terreno, che porta le sue chiome verso il cielo, che cambia forma e colore nelle stagioni è simbolo di nascita, rinascita, vita e morte e se è dedicato a qualcuno ce lo ricorda in questi cambiamenti.
L’area attorno all’Abbazia di San Giovanni Battista è circondata da alberi di tante specie, alcuni sono lì da decine di anni (e per questi abbiamo richiesto la condizione di “alberi monumentali” come la grande quercia che ha vissuto più di cento anni o il Morus nigra tagliato e ricresciuto, anch’esso molto vecchio) altri come le varietà dei frutti antichi del Giardino della Memoria vegetano da dodici anni.
Per NoixLucoli piantare alberi significa continuare a rafforzare il legame con la terra, mantenere l’ambiente naturale il più possibile inalterato, ma anche coltivarli nel ricordo di chi ha vissuto una vita con legami nel territorio lucolano: è per questo motivo che abbiamo messo a dimora un “Melo coccinella” per ricordare Elio Peretti.
Il Malus Floribunda comunemente chiamato Melo da fiore, è una pianta da esterno, non autoctona, ma originaria del Giappone ed appartenente alla famiglia delle Rosaceae.
Ha un portamento arbustivo eretto con foglie decidue ovali, leggermente seghettate, di medie dimensioni e di colore verde che tendono a diventare rosso scuro. E’ una pianta ornamentale dall’abbondante fioritura, che avviene in primavera ed estate, con fiori a forma di stella di colore rosso. In autunno produce frutti tondi e pendenti di colore porpora, non commestibili. Predilige il sole e per questo motivo è stato piantato vicino alla fontana in luogo non riparato.
L’Unesco ci dice che le montagne ospitano circa la metà della biodiversità presente oggi in natura e oltre la metà degli abitanti della Terra utilizza acqua proveniente dalle montagne, esse coprono circa il 27% del nostro pianeta. La loro conservazione è fondamentale per garantire la vita e lo sviluppo del pianeta e rientra nell’Obiettivo 15 dell’Agenda ONU 2030, dedicato alla “vita sulla terra”.
E’ STATO IDEATO UN GRANDE PROGETTO il “”MountResilience” che ha molteplici obiettivi, quanto è vasto e diversificato l’orizzonte d’applicazione.
Mira a sfruttare le diversità territoriali per integrare una vasta gamma di prospettive, conoscenze ed esperienze. Sono coinvolte 47 organizzazioni partner provenienti da 12 Paesi europei: Austria, Bulgaria, Croazia, Finlandia, Francia, Italia, Polonia, Portogallo, Spagna, Romania, Spagna, Svizzera. L’approccio multidisciplinare è fondamentale per generare un portfolio variegato di proposte e strumenti di adattamento ai cambiamenti climatici, e massimizza il suo potenziale di replicabilità in Paesi e contesti diversi. Le aree montuose della Finlandia e quelle della Romania hanno evidenze e sfide ben diverse tra loro, la prima è proprio quella di fare sistema di esperienze e dati disomogenei.
La risorsa idrica e la gestione del turismo rappresentano i focus critici più immediati ed evidenti. Due elementi strettamente interconnessi.
La gestione dell’acqua comprende l’agricoltura, la zootecnia, ma anche il turismo legato alla neve e al ghiaccio, così come la produzione di energia idroelettrica nonché la fornitura di acqua potabile.
Grazie all’utilizzo di Big Data e di algoritmi di machine learning è possibile effettuare un’analisi climatica dello storico, precipitazioni comprese, ed elaborare modelli di proiezione delle prossime stagioni.
Sistemi di sensori monitorano invece lo stato delle risorse idriche superficiali e sotterranee, evidenziando trend e disponibilità di acqua per prevedere quando e se è necessario intervenire.
Lo sci su piste con innevamento artificiale è diventato, ormai da decenni, pratica comune del turismo invernale, ma solleva preoccupazioni riguardo all’inquinamento ambientale e al consumo di risorse. Per mantenere le piste innevate, vengono utilizzati enormi quantità di acqua ed energia.
Secondo CIPRA – Commissione internazionale per la protezione delle Alpi, durante una stagione invernale vengono consumati circa 95 mln di m3 d’acqua e spesi 600 gigawattora di energia, con un costo economico significativo. La neve artificiale ha inoltre un peso maggiore e una minore capacità isolante rispetto alla neve naturale e può causare il congelamento del suolo e l’asfissia delle piante. Una conseguenza evidente è il ritardo che spesso si evidenzia nell’attività vegetativa nelle zone con innevamento artificiale.
Temperature e biodiversità sono destinate a continuare a modificarsi: gli allevamenti di renne in Finlandia stanno subendo grossi contraccolpi e di questa carne il popolo si nutre da secoli. Anche la Romania, che basa buona parte della propria economia sulla zootecnia, vede modificarsi la composizione dei pascoli, poiché molti pastori si avventurano più in alto, altri abbandonano l’attività.
E se lo sci non sarà più uno sport facilmente praticabile al di sotto dei 2000 metri, le comunità locali dovranno trovare il modo per transitare verso una trasformazione del modello economico, fornendo servizi diversi che permettano alle persone di trascorrere del tempo piacevole in montagna. Il nostro compito è anche quello di supportare la conversione dei modelli economici dove le stazioni sciistiche non hanno un futuro: promuovere un adattamento intelligente seguendo il benessere generale, trascurando, a volte, interessi contingenti e particolari.
Uno scenario risolutorio perfetto se funzionasse nelle applicazioni e fosse interiorizzato dalle comunità locali, sempre più residue, che vivono le montagne. Certo se ne può parlare ma nella pratica come si vive la montagna? Cosa si fa anche a livello di amministratori locali per salvarla? Non abbiamo risposte degne di nota.
Noi amiamo la montagna, la ammiriamo, ci rigenera, ci rifugiamo in essa per sfuggire a tanti pensieri e azioni comuni che minacciano l’umanità stessa e ci snaturano. Abbiamo deciso di lavorare per la montagna, regalando il nostro tempo (risorsa non rigenerabile) e le nostre fatiche. Ma se dovessimo dire che siamo capiti nei nostri sogni e valori dovremmo affermare che abbiamo dei dubbi: nel giudizio collettivo lo facciamo perché abbiamo senz’altro un tornaconto, la gente granitica della montagna (un fuoco una famiglia e in trincea contro tutti) non fa nulla per nulla e giudica con sospetto chi non rispetta questo schema.
Confidiamo nella forza della montagna che da sempre e lì e ci ispira resilienza e fermezza e intanto cerchiamo di salvare la biodiversità che la popolava, che ci ha donato per secoli e che gli uomini hanno dimenticato o cancellato perché reputata inutile o inadeguata agli interessi economici.
Tante volte ci sentiamo come il bambino che versava l’acqua del mare con una conchiglia, interrogato da Sant’Agostino gli rispose: «Voglio travasare il mare in questa mia buca». Sorridendo Agostino spiegò pazientemente che una cosa del genere era semplicemente impossibile. Il bambino, allora, diventò serio, e replicò: «Non è forse impossibile anche a te capire con la tua piccola mente l’immensità del Mistero della Trinità? Forse anche i nostri soci vivono in un mistero quello di come poter salvare la montagna e le sue ricchezze, tra queste anche l’acqua.
Anche in questa stagione combatteremo per l’assenza di acqua e irroreremo a mano (facendo catene umane) le giovani piante che abbiamo recuperato lo scorso anno: loro ci ringraziano ne siamo consapevoli! L’acqua sorgiva che utilizziamo proveniente dalla località “la cunetta” e per il cui utilizzo abbiamo chiesto i permessi alla Regione Abruzzo, in estate da certe ore in poi “scompare” e siamo costretti ad utilizzare serbatoi approvvigionati altrove.
Finché avremo forza continueremo di noi si può dire se non altro che credevamo di poter essere utili.
La quercia è probabilmente l’ultimo albero appartenente al Parco della Rimembranza di Lucoli che fu dedicato ai caduti della Grande Guerra.
Dopo la conclusione della prima guerra mondiale si registrò, già nell’immediatezza del ritorno alla normalità, un grande movimento nazionale per la commemorazione delle vittime cadute in guerra. Già al primo anniversario del IV novembre 1919 numerosi furono i comuni che avevano realizzato una lapide commemorativa con l’elenco dei caduti. Alla realizzazione delle lapidi si aggiunsero negli anni a venire, in numerosissimi comuni, i monumenti ai caduti.
Fu nel 1922, su iniziativa dell’On. Dario Lupi, sottosegretario alla Pubblica Istruzione, che venne proposto di creare in tutti i paesi d’Italia un Parco o un Viale della Rimembranza per commemorare i soldati caduti per la patria, attraverso l’impianto di “selve votive”. L’On. Lupi scrive, con lettera circolare del 27 dicembre 1922, a tutti i Provveditori agli studi chiedendo loro che le scolaresche fossero iniziatrici dell’idea nobilissima e pietosa. In ogni centro abitato doveva sorgere un parco o viale nel quale piantare un albero per ogni caduto in guerra. Il giorno successivo, con altra circolare, venivano dettate le norme per la costituzione dei Parchi e dei Viali della Rimembranza.
Alla data del 15 ottobre 1923 risultano già stati istituiti in Italia 5735 comitati ed inaugurati ben 1048 parchi. L’iniziativa aveva avuto una risposta corale in tutto il territorio della nazione. I giovani fanciulli, ai quali si chiedeva di essere parte attiva nella costituzione dei Parchi e dei Viali, potevano così essere educati all’ombra degli eroi che avevano offerto la loro vita per la grandezza della Patria. Il rito serviva a rinforzare il senso di nazione che la Grande Guerra, nonostante l’immane tragedia, aveva contribuito a formare.
L’Abruzzo, che insieme alla Sardegna aveva pagato il più alto tributo di sangue in termini percentuali, parteciperà diffusamente all’iniziativa con 188 comitati istituiti e 25 parchi già inaugurati nel settembre del ’23.
Spicca certamente la provincia dell’Aquila che su 132 comuni presentò ben 127 comitati costituiti con una percentuale del 96% sul totale.
Il Parco della Rimembranza di Lucoli situato in prossimità dell’Abbazia di San Giovanni Battista, era citato nella relazione che l’Onorevole Lupi fece in parlamento nell’ottobre del 1923 era dedicato a 91 caduti in battaglia.
Fu smantellato con delibera del Podestà dell’Aquila degli Abruzzi del 5 luglio 1932.
Dell’impianto originario rimane solo un albero monumentale: un esemplare di quercia.
Crediamo che non proteggere un patriarca arboreo come questo significhi cancellare le radici, la quercia offre una connessione intrinseca tra l’albero ed il senso di appartenenza, di radicamento, che essa può fornire. Metaforicamente gli alberi incarnano la stabilità e la continuità della vita di una comunità. Come radici che si intrecciano con il terreno, gli alberi collegano il presente al passato e fungono da testimoni silenziosi delle esperienze umane.
La quercia ha tutte le caratteristiche previste dalla Legge per essere protetta e la nostra Associazione ne avrà cura, confidiamo negli Enti preposti per l’accoglimento della segnalazione.