Regno delle due Sicilie la mappa venatoria dei Borboni |
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The little family (part of it without two sons) walking in the main square of l’Aquila |
Just some cards |
First page of the population register regarding 1879 |
Old documents destroyed by the war in Scontrone regarding Tirilli Caterina |
Later in the afternoon we visited L’Aquila, the hometown of my great grandfather. I was struck by the beauty of the city and heartbroken by the devastation. I knew of the earthquake, I had read about it and seen some videos and programs on it, but there was no way I could fathom what had happened without seeing it in person. Still I have a hard time grasping the events. To see such a beautiful place in such a state, is overwhelming. I am at a loss for words.
L’Aquila the Santa Maria della Misericordia little square where Domenico Cambio was born |
We were able to find the place where my great grandfather was born, very near the church Santa Maria di Misercordia. He was born in a charity home and given to the midwife who attended the birth. The midwife brought him to the Mayor of L’Aquila who gave him his name, Domenico Cambio. Domenico because he was born on a Sunday, Cambio because his history was to be changed. He was given to a woman, Antonia Rotilio who breast fed him and swore to take responsibility for his life. An incredible story.
Mestiere insolito il suo, svolto al seguito del padre e dei fratelli. Giovannina tra il 1938 e il 1940 nel corso dei lavori della Bonifica Pontina, lavorava nelle carbonaie dove venivano utilizzate le enormi quantità di legname provenienti dai disboscamenti che dovevano fare spazio alle nascenti città dell’Agro Pontino. Giovannina seguiva la famiglia per lavorare alla produzione di carbone nel terreno di bonifica. Vissero per mesi in una casetta in muratura, cosa di un certo privilegio rispetto alla solita capanna di fogliame alla quale erano abituati, ma il privilegio in realtà non c’era visto che l’area era infestata dalle pulci. Ma qual’era il lavoro di Giovannina? Lavorava senza pietà nè compassione: toglieva il carbone, controllava la fornace e portava acqua perchè il carbone non bruciasse completamente, poi prendeva il rastrello e tirava via quello più bello, ma prendeva anche la carbonella che rimaneva mischiata con la terra. Poi cucinava per i suoi, lavava, portava legna e il carbone nei sacchi. Nell’Agro Pontino era l’unica donna, in un posto, pieno di gente estranea e, in una sua intervista riferì che spesso piangeva. Le uniche donne le aveva viste alla stazione all’arrivo e le rivide, dopo sei mesi di duro lavoro, nel momento della partenza. Rimaneva molto da sola. I parenti uomini andavano a fare carbone lontano anche due o tre chilometri dalla casetta dove rimaneva per cucinare, restava sola, con continuo passaggio dei cacciatori, degli altri taglialegna e boscaioli del suo stesso gruppo. Giovannina era bella non deve essere stata un’esperienza facile, ma l’etica della donna era quella del sacrificio alimentata dalla povertà e dalla cultura patriarcale. I sacrifici si facevano perché non si poteva fare altrimenti, non perché si scegliesse di farli in nome di un superiore ideale morale. Il sacrificio consentiva il risparmio attento e pertinace, utile ad assicurare il mantenimento della propria famiglia, necessario per sopravvivere alla condizione di precarietà materiale e per prefigurare un possibile cambiamento. Una donna, non maritata, era comunque al servizio del capo famiglia.
Tratto dal sito: http://www.lombardiabeniculturali.it/fotografie/schede/IMM-LOM60-0004173/ |
Carbone di legna: la sua lavorazione è stata attiva fino agli anni ’50 |
Carbonaia – ricostruzione storica custodita nel museo di Piana delle Orme |
Sacchi di carbone di legna – ricostruzione storica custodita nel museo di Piana delle Orme |
Nel passato i carbonai svolgevano un’attività complementare a quella del taglio della foresta. In genere le compagnie erano formate da tre o quattro persone, spesso familiari e, in molti casi, con la presenza della moglie, in questo caso della figlia, del capo compagnia. Una comodità? No, forse l’esigenza di avere due braccia in più, infatti le donne lavoravano quanto gli uomini. Dopo aver lavorato in alcune carbonaie, gli operatori, uomini e donne, diventavano del colore dello stesso carbone e arrivavano al punto che in loro si distinguevano solo i denti e il luccicare degli occhi. Ogni giorno si lavavano le mani, ma solo per la polvere, con l’acqua che portavano dalla sorgente o dal fiume, non avendola corrente. La domenica o qualche giorno particolare in cui non erano molto impegnati, cercavano di fare una pulizia più accurata, ma sempre molto limitata, dal momento che la polvere di carbone penetrava nei pori della pelle e non se ne andava nonostante le forti abluzioni. Le loro mani in particolare erano nere e cotte dal carbone. Il mestiere del carbonaio è il termometro più adatto per misurare l’evoluzione avvenuta nel Centro-Sud, e il progresso economico di tutto il Paese. Il carbonaio con il suo destino di categoria. Destino ormai segnato dalla forza delle cose nuove venute fuori dopo l’ultima guerra. Fino a pochi anni fa il carbone di legna veniva usato largamente dai borghesi, piccoli e grossi, e per la cucina e per il riscaldamento delle case. Se ne consumava abbondantemente nei piccoli e grossi centri, particolarmente nei paesi di marina lontani dai boschi e quindi privi di legna, e nelle grandi città zeppe di impiegati. Se ne faceva uso d’estate e d’inverno ed era necessario come il pane. Da quando si è diffuso l’uso del gas, di carbone non si fa più uso per la cucina, nemmeno nei paesi di montagna. I motivi sono diversi e plausibili: igiene, comodità, economia. Inoltre, l’intensità boschiva è diminuita sempre di più; e poi, i giovani, già dallo scorso secolo, più inquieti e più esigenti dei padri, hanno cambiato mestiere, sono emigrati in paesi dove la vita era da uomini civili e assai diversa da quella del carbonaio.
Operazioni di bonifica dell’Agro Pontino e carbonaia – Foto storica custodita nel museo di Piana delle Orme |
Nella visione popolare il carbonaio, è un uomo che distrugge, che dietro di sé lascia un senso di morte e una terra senza padrone. Dopo il taglio, rimane la terra nuda, che sarà lavata dalle acque, spazzata dai venti, arroventata dal sole: terra bruciata che rende tragico un paesaggio. Terra del vento, terra bruciata. E a bruciarla, secondo l’opinione popolare, sono spesso i carbonai, uomini del fuoco, che dietro di loro lasciano sempre piazza pulita, che sempre sono poco vestiti e affamati, come nuda lasciano la terra; che sempre sono sporchi e poveri: senza casa, senza un pezzetto di terra, sempre in cerca di pane, di un bicchiere di vino, sempre con le viscere arse e la gola secca; sempre pronti a saltare in una vigna e a rubarvi dell’uva; a strappare delle lattughe e dei frutti. Come se il fuoco, quello stesso fuoco con cui consumano i boschi, arda dentro le loro budella e dia un eterno bisogno di dissetarsi. In molte regioni d’Italia il carbonaio era tenuto a distanza dagli altri, anche dai braccianti che vivevano meglio di lui. Quasi che si portasse dietro una misteriosa maledizione. Un po’ come quella degli zingari, destinati a errare per il mondo senza casa e senza patria. Così i carbonai: condannati a correre da un bosco all’altro, da una provincia all’altra e tante volte da una regione all’altra.
LUCOLI: Giovannina Soldati con Beniamino Properzi di Collimento – foto proveniente dall’archivio del Consorzio di bonifica dell’Agro Pontino |
Foto di alcuni danni causati dal sisma del 2009 al chiostro dell’Abbazia di San Giovanni Battista |
Cliccare sulla tabella per visionare l’elenco completo degli interventi previsti per i beni culturali |
Perché tutto questo tempo per intervenire e perché così pochi fondi che non coprono l’entità dei danni certificati?
Stralci della scheda per il rilievo del danno sismico subito dall’Abbazia di San Giovanni Battista |
Chiesa rupestre della Madonna di Peschio Cancelli – foto L. Quartaroli |
Abbiamo letto in molti documenti ufficiali che il restauro post sisma del Patrimonio Culturale dell’Aquila e del territorio del cratere doveva prioritariamente passare attraverso i luoghi simbolo di un territorio e l’Abbazia di San Giovanni Battista può certamente annoverarsi in questa categoria. E’ stato questo il tema al centro della prima riunione di coordinamento convocata dalla Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Abruzzo, tenutasi all’Aquila alla presenza del direttore Fabrizio Magani, a cui hanno partecipato la Curia dell’Aquila con Don Alessandro Benzi Vicario Episcopale per i Beni Culturali. In quella riunione furono individuati alcuni siti di particolare significato per la storia dei territori e per i quali iniziare concretamente i procedimenti per il restauro.
Veduta dell’Abbazia di San Giovanni Battista – foto R. Soldati |
L’ombra della Chiesa di San Michele sul verde della vallata |
La Chiesa recentemente restaurata dagli Amici di San Michele |
Un monento dei festeggiamenti prima della Santa Messa il Gruppo dei Briganti suona per i presenti |
Fervono i preparativi: tutto il necessario viene caricato per essere portato sulla collina |
I fedeli salgono il ripido sentiero per arrivare alla Chiesa |
Celebrata la Santa Messa la Statua di San Michele Arcangelo viene portata in processione fuori della Chiesa |
I fuochi pirotecnici hanno concluso la serata |
ATTIVITA’ VENATORIA: FEBBO, ”ECCO LE SPECIE PER ORA CACCIABILI”
Vado Lucoli (AQ) nella Chiesa di San Michele Arcangelo la statua del Santo |
Per saperne di più: http://www.santiebeati.it/dettaglio/21600
Todd Cambio |
Fraulini guitars are hand built, in a traditional fashion, one guitar at a time. I started my training in my early 20s, working with an old violin builder. For the most part, my education has come from reading old technical manuals; talking with other traditional luthiers; repairing, restoring, and measuring hundreds of old guitars; and building new instruments for over ten years. I have been fortunate enough to get feedback from some of the best musicians in the business, and I’ve incorporated their feedback into my building. While many luthiers are about embracing advances in technology, I’m about reviving traditional techniques that have been lost to modern generations and becoming effective and efficient at using those techniques.
I still carve my own necks, cut my own inlays and make all my own parts, so there are lots of options available to suit your tastes. I enjoy working with people on selecting different options for their particular instrument. When you order a Fraulini, you are ordering a hand-made, one-of-a-kind instrument, built in a traditional style, and tailored to your specific requests.
Felix, Oscar e Leo Cambio i tre figli di Todd |
Partendo dalla “Fraulini Guitars”….. comincia questa nuova storia sulla gente di Lucoli …….
Todd Cambio, titolare della “Fraulini Guitars”, azienda che costruisce strumenti musicali artigianali, è alla ricerca delle sue radici e il capo della matassa della sua storia di famiglia lo porta a Lucoli, dove nacque il suo bisnonno, Domenico Cambio, il 28 settembre 1879.
Domenico Cambio emigrò negli Stati Uniti nel 1902. Lui, sua moglie Caterina Tiritilli ed il figlio Orlando tornarono in Italia nel 1909 dove nacque una figlia: Antonina; altri tre figli nacquero negli Stati Uniti.
Domenico Cambio |
Caterina Tiritilli Cambio |
“It is very hard for me to get answers from Italian officials when I send emails from the U.S”.
It would be wonderful if you published a story with the photos. Every little bit helps.
I look forward to meeting you and being introduced to Abruzzo.
Saluti Cordiale,
Todd”
I crisantemi che vengono posti per i defunti |